Alcuni videogiochi possiedono la coralità di un grande libro. Sono pochi, ma tra questi c’è Metro 2033 e il suo seguito stupefacente, Metro Last Light. Si possono trascorrere minuti assistendo ai dialoghi degli abitanti di questo sotterraneo mondo post-apocalittico, ipnotizzati dalle loro parole e dai loro gesti. Momenti opzionali, che un giocatore frettoloso può trascurare, perdendosi così molte delle emozioni e delle sorprese che i giochi riservano. Il merito di questa trasfigurazione letteraria del videogioco si deve all’autore della sceneggiatura, lo stesso che ha scritto l’epico romanzo Metro 2033, che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo e ha ispirato altri scrittori a continuarlo e a variarlo: Dmitry Gluckovsky. Abbiamo incontrato lo scrittore moscovita in occasione del lancio di Metro Last Light, dove ha risposto alle nostre domande.

La letteratura russa del XIX secolo ha influenzato la sua opera e il suo stile?

La cosa curiosa è che io non ritengo di appartenere alla scuola classica della letteratura russa. Inoltre anche se esiste una fantascienza russa mi sento un po’ estraneo ad essa. Gli scrittori che più mi hanno ispirato e influenzato sono occidentali. Qualcuno è latino-americano. Come Borges o Marquez. Poi ci sono i tedeschi come Remarque. E Kafka. Tra i russi voglio citare Bulgakov e Platonov. Io mi considero una miscela, sono il prodotto di tutti questi autori. Adesso per esempio sto leggendo R. R. Martin, le sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e mi stanno davvero piacendo molto. La gente che legge i miei libri afferma di percepirvi un sentore “russo”. D’altronde ho studiato in una scuola russa, con un programma dedicato alla letteratura russa: Tolstoj, Dostoevsky, Cechov; questi scrittori fanno parte della mia formazione e quindi sono imprescindibili. Ma la mia ambizione e creare qualcosa di nuovo, che sia d’ispirazione per nuovi scrittori. Questa è la vera sfida.

Il suo rapporto con i videogiochi?

Ho 33 anni, quindi ho iniziato a videogiocare quando ne avevo circa 10. Prima con le console Nintendo, poi sul computer a giochi come Wolfenstein e Prince of Persia, giochi “primitivi”, prima che diventassero serie di grande successo. Sono un giocatore, o ero un giocatore. Ho giocato durante tutti gli anni della scuola e durante l’università. Ecco perché i miei risultati non erano così brillanti, perché quando preparavo un esame passavo ore a giocare a Fallout! Adesso non gioco quasi più, l’unica eccezione è Civilization perché sono un fan di vecchia data di questa serie. Quindi non posso più definirmi un videogiocatore. Ho scritto Metro non perché diventasse un videogioco, non saprei neanche come si scrive un videogioco!

Eppure ha sceneggiato i due videogiochi. Qual è la differenza tra scrivere un romanzo e sceneggiare un videogioco?

Scrivere un videogioco è un scienza vera e propria. Io non la conosco. Quindi ho deciso di trattare la sceneggiatura dei videogame come se stessi scrivendo un libro, o un film. Ho strutturato la storia come se fosse l’intreccio di un film e ho scritto i dialoghi con la stessa serietà e libertà che utilizzo per i miei romanzi. Nei film è difficile trattare certi argomenti, perché poi la gente non li va a vedere. Invece i videogiocatori sono un pubblico desideroso di contenuti forti e maturi. Un tempo questi erano adolescenti affamati di sesso che volevano solo andare in giro e sparare a ogni nemico. Ma i videogiocatori sono cresciuti, sono passati venti anni, e richiedono dei videogame che siano cresciuti con loro, con delle storie che possano coinvolgerli ed appassionarli con una diversa profondità.

Non crede che una delle cose più interessanti per uno scrittore che lavora ad un videogioco sia scrivere tutti i dialoghi dei personaggi secondari?

E’ un lavoro che prendo molto seriamente. Ho creato così tante storie per questi personaggi che non ci stanno nemmeno tutte nel gioco. La mia idea personale è che se devi convincere qualcuno che il mondo in cui gioca sia vero allora non si devono trattare questi personaggi solo come modelli in 3d o involucri di nulla dall’aspetto di uomini e donne. Bisogna trasformarli in esseri umani e così gli ho date speranze, paure, nostalgia, odio e amore. Storie, affinchè ci si possa dimenticare che non sono veri.

Cosa ne pensa della Russia di oggi?

E’ assolutamente chiaro, la Russia di oggi è un teatro delle marionette. C’è un palco dove viene rappresentato lo spettacolo dei burattini, con i partiti politici, le elezioni e i governi. Ma il vero spettacolo è dietro il palco. Quello che succede veramente è che c’è un gruppo di persone che ha usurpato il potere e sta rubando le risorse energetiche. Stanno trattando la Russia non come uno stato ma come la loro fattoria privata o la loro corporazione, senza idee ne’ motivazioni, solo per spremerla il più possibile e mettersela in tasca. E’ solo per il caso che siano al potere, non per i loro meriti. Non si meritano i ruoli che occupano, li hanno usurpati. Sono stati messi li da qualcuno. Sono gli amici, di amici, di amici, di amici che governano la Russia, non ci sono veri politici. Il resto è solo uno spettacolo che non ha nulla a che vedere con la vera politica, è solo uno spettacolo per distrarre la gente dai problemi reali. Stiamo andando indietro nel tempo, in una fusione tra Unione Sovietica e medioevo. Non è affatto un meraviglia!

Sta scrivendo un nuovo romanzo?

Si intitola Futuro e racconta di un mondo dove le persone non invecchiano grazie all’ingegneria genetica, così restano giovani per sempre e la Terra è sovrappopolata. La società cambia completamente perché quando il corpo è sempre giovane non si ha più bisogno di un’anima, di avere figli o una famiglia. Ma l’essere umano si può considerare ancora umano? Credo che nella realtà stiamo andando proprio in questa direzione. Si stanno facendo esperimenti sui ratti che ne allungano la vita a dismisura. Credo che la nostra generazione sarà l’ultima a morire.