Cara signora Müller. E poi, in un rapido volgere di anni, «Cara Anni, o Annie». È questo l’incipit affettuoso e privo di formalità che apre molte lettere che l’artista Sophie Taeuber inviava alla sua collezionista, la quale, in un breve lasso di tempo, si era trasformata in un’amica squisita.

Annie Müller Widmann, insieme al marito Oskar, sostenne per l’intera vita i coniugi Arp e, in cambio, si affidò a loro per gli acquisti di casa, con l’obiettivo di formare una raccolta di opere cosmopolita, che riunisse i migliori talenti del momento (i famosi «degenerati»). Missive e cartoline postali non hanno smesso mai di viaggiare in una fitta corrispondenza professionale e sentimentale, anche quando gli orizzonti esistenziali si erano incupiti per tutti, affumicati da pestilenziali umori di guerra.

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Nel corso dello scambio epistolare, nonostante il tono della scrivente fosse sempre sintonizzato sulle meraviglie della natura (Taeuber aveva soggiornato sul Monte Verità per frequentare la Scuola di danza del coreografo Laban, condividendone lo spirito panico), i paesaggi ameni e le serate in allegra compagnia creativa lasceranno il posto al racconto dei morsi della fame e della fuga verso rifugi più sicuri con l’avanzare del nazismo in terra francese.
«Spero che Hans (Arp, ndr) si calmerà – confida Sophie nella lettera del 10 giugno del 1940 –, era disperato per dover abbandonare le sue sculture e tutti i lavori di cui si è occupato in questi ultimi quindici anni: purtroppo non sappiamo né quando né come li rivedremo. Questi allarmi hanno spossato più me di lui, ma soffriamo tanto per tute le distruzioni e le atrocità. Hans è molto dimagrito, ha di nuovo l’aspetto dell’epoca dada».

Profughi e preoccupati per il loro destino, i due artisti sceglieranno però di non emigrare in America, sebbene per loro fosse pronto un visto ottenuto dal direttore del Moma di New York. Attraverseranno i periodi peggiori grazie al salario versato da Oskar Müller Widmann. Da parte loro, saranno sempre impegnati nella ricerca di un posto dove «poter continuare a lavorare» e anche nelle operazioni di approvvigionamento, come quella «mezza libbra di frutta secca e tre uova in scatola».

Il libro Lettere di Sophie Taeuber-Arp a Annie e Oskar Müller-Widmann (edizioni Casagrande, con commenti e un saggio di Walburga Krupp, prefazione di Simona Martinoli, pp. 128, e 25,00) inaugura la collana «Scritti della Fondazione Marguerite Arp» (seconda moglie dell’artista) che si prefigge di rendere disponibili i preziosi materiali d’archivio conservati presso la ex abitazione della coppia costituitasi in Fondazione nel 1988.
Nella sua forma ibrida – album dei ricordi oppure diario epistolare – il libro ospita alcune riproduzioni delle cartoline spedite, 24 lettere tra tedesco e francese (solo di Sophie) e una selezione di fotografie. A chiusura, proprio la richiesta di un ritratto di Annie sarà la testimonianza di un’amicizia divenuta intima, quasi famigliare.