Da almeno due giorni sono ripresi gli scontri militari tra ribelli ed esercito ucraino nelle regioni orientali del paese. E ieri la Rada (il parlamento) di Kiev ha approvato una legge che permette a truppe militari straniere la presenza sul proprio territorio per assicurare «la pace e la sicurezza».

Un’ennesima provocazione da parte dell’oligarca Poroshenko, presidente del paese, forte del consenso di Nato e Unione europea. Un segnale che non promette bene per il futuro delle popolazioni delle regioni orientali ucraine.

Come già in precedenza, gli accordi di Minsk hanno dimostrato di non poter reggere se ad una tregua militare (per altro fittizia) non corrisponde poi una prosecuzione politica. In realtà entrambe le parti non hanno mai considerato Minsk come un trattato da ritenersi definitivo.

E così, come in ogni guerra, aumentano le vittime, comprese i civili. Nelle ultime quarantotto ore sarebbero stati almeno sei i morti civili, secondo quanto comunicato dal comando dei ribelli, mentre sarebbero 32 in totale le vittime della ripresa dei combattimenti. Questo ritorno degli scontri sul campo dimostra che in realtà le ambizioni di Kiev e dei separatisti non sono mai arrivate ad un compromesso: l’obiettivo è la vittoria finale.

Per l’esercito ucraino lo scopo è il recupero delle zone orientali, per i filorussi l’obiettivo è l’allargamento della regione conquistata. Quest’ultimi hanno vissuto alcuni mesi di confusione, a causa del ricambio di molti dei comandanti e della morte di altri; eventi, come nel caso di Mozgovoy, il comandante del battaglione Fantasma, destinati a cambiare l’inerzia sia strategica, sia politica del conflitto.

Putin, dal canto suo, era parso richiedere ai vertici del Donbass di accontentarsi, ma non aveva fatto i conti con la volontà di Kiev, che non appare per niente intenzionata ad un conflitto congelato. Proprio ieri Poroshenko si è espresso in parlamento, denunciando ancora una volta la presenza di soldati russi sul territorio ucraino.

Si tratterebbe dei consueti 9mila soldati che da mesi starebbero ciondolando sul territorio ucraino, già «avvistati» da Stati uniti, Polonia, paesi baltici, Unione europea e Nato. Ma nessuno ha mai fornito uno straccio di prova.

Del resto che ci siano dei russi (volontari, ex militari, miliziani, mercenari, comunisti, fascisti) non è certo una novità. Alcuni media hanno anche sollevato il problema di presunte morti di militari, denunciate dalle madri dei soldati russi, ma anche in quel caso tutto è rimasto piuttosto vago.

La Russia è parte in causa di questo conflitto, come del resto ricordato anche da alcuni comandanti ribelli (lo stesso Mozgovoy in una intervista aveva ammesso l’importanza degli aiuti russi per la resistenza delle regioni orientali). Lo sforzo di Mosca per il Donbass non è certo una sorpresa. Così come non lo sono quelli di Nato, Usa e Unione europea per Kiev.