Quattromila lavoratori della scuola che hanno maturato un diritto alla pensione tra il 1° gennaio 2012 e il 31 agosto 2012 potranno lasciare il posto di lavoro a partire dal prossimo settembre. Si dovrebbe chiudere in questo modo la vicenda dei «Quota 96», rimasti in servizio a causa di uno dei grossolani errori compiuti dal governo Monti al momento dell’approvazione della riforma Fornero delle pensioni.

La vertenza dovrebbe chiudersi il 28 luglio. Secondo fonti vicine all’esecutivo, infatti, dovrebbe essere approvato un emendamento al decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione da Manuela Ghizzoni (Pd), da tempo impegnata per trovare una soluzione. «Ora anche chi era rimasto bloccato a scuola – sostiene Ghizzoni – pur avendo maturato i requisiti nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, potrà finalmente andare in pensione fra poco più di un mese e lasciare il proprio posto a personale più giovane e motivato, oggi precario».

La misura, in realtà, attende ancora il via libera da parte della Commissione Bilancio e Finanze della Camera, e poi l’approvazione dell’Aula, dove il governo è intenzionato a porre la fiducia sull’intero pacchetto normativo. L’emendamento da approvare permetterà inoltre un ricalcolo della pensione secondo il sistema contribuivo per le lavoratrici. Questo significa che i lavoratori che rientrano nella “quota 96” dovranno attendere 3 o 4 anni per ricevere la prima parte del Trattamento di fine servizio (Tfs) e poi un altro anno per la seconda.

Si ritiene, inoltre, che una volta mandato in pensione questo personale, si libererebbero alcune migliaia di posti per le supplenze previste per il prossimo anno. Ma come tutte le questioni che riguardano la politica scolastica in tempi di austerità, anche in questo caso il condizionale è d’obbligo. Una simile decisione deve essere coerente con i conti, non con il reale fabbisogno degli istituti scolastici. Se il ministero dell’Economia alzasse un muro, quello dell’Istruzione potrà solo abbozzare. Lo stanziamento previsto dall’emendamento è pari a 416 milioni di euro.

Sempre in questa logica i lavoratori che rientrano nella “Quota 96” dovranno rinunciare alla liquidazione immediata del Tfs che percepiranno solo una volta soddisfatti i parametri stabiliti dalla legge Fornero. Il decreto ha inoltre abrogato le norme che permettono di restare al lavoro oltre l’età del pensionamento: 62 anni per i lavoratori pubblici, 65 per medici e professori. È stato deciso di non applicare questa misura ai magistrati per i quali la soglia resta a 70 anni. Negli altri casi l’amministrazione può procedere a pensionare d’ufficio il personale, inclusi i dirigenti. Una scelta che potrebbe essere motivata con esigenze organizzative.
Sul fronte politico sono tutti soddisfatti. Per restare ai partiti che prima hanno imposto la riforma Fornero, per poi constatare gli errori marchiani compiuti dal governo da loro sostenuto, su Twitter il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, si è complimentato con le colleghe della commissione. Renata Polverini (Forza Italia) si augura che il governo trovi una soluzione per tutti gli esodati. Per Barbara Saltamartini (Ncd) è stata sanata un’ingiustizia.

Il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano (Pd) va al sodo e si augura che «il Mef non ostacoli la soluzione per la quota 96». Un auspicio non casuale che potrebbe anche non essere rispettato. «Ora si passi alle assunzioni dei precari», sostiene Marcello Pacifico dell’Anief-Confedir.