Christian Solinas, il candidato sardo-leghista, ha vinto nettamente. Ha prevalso rispetto al leader della coalizione di centrosinistra: 47,8% contro il 33.2 di Massimo Zedda. Quattordici punti di differenza. Le urne si sono chiuse ieri alle 22 di ieri con l’affluenza finale che si è attestata sul 53,75% (790.347 votanti dei 1.470.401 aventi diritto): 1,5% in più rispetto alle precedenti consultazioni del 2014 (52,2%).

I DATI SALIENTI emersi dal voto sono due. Primo: la Lega avanza rispetto al voto del 4 marzo 2018 ma non sfonda: passa infatti dal 10,8 all’11,8. Secondo: i Cinquestelle, che correvano per la prima volta alle regionali sarde, subiscono un vero e proprio tracollo rispetto alle politiche di quasi un anno fa, crollando dal 42,5 al 11,8, la percentuale che i seggi hanno assegnato al loro candidato presidente, Francesco Desogus.
In dettaglio i dati sono molto chiari. Nettamente distanziate dalle alleanze di centrodestra e di centrosinistra tutte le altre coalizioni: come lista il movimento Cinquestelle si ferma al 9,67%, meno del suo candidato. Il Partito dei sardi è al 3,26%, Sardi liberi al 2,04%, Autodeterminatzione all’1,98% e Sinistra sarda allo 0,64%. Riguardo i singoli partiti, il Pd è il primo partito con il 13,05%, seguito dalla Lega al 11,87%. Il Partito sardo d’azione si attesta al 10,08%, mentre Forza Italia è fermo al 8,01%, Fratelli d’Italia è al 4,92% e Leu al 3,75%.

Solinas dunque sarà il nuovo presidente della Sardegna. Governerà con una maggioranza che comprende, oltre alla formazione politica del presidente, il Partito sardo d’azione, anche Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e altre sette piccole sigle. Dopo cinque anni di centrosinistra, l’isola è la prima regione del Sud dove la Lega vince con un suo candidato. Solinas è stato eletto il 4 marzo 2018 al Senato nelle liste dei lumbard. E’ stato lui a portare il Psd’Az, storico partito autonomista e di centrosinistra, a un’alleanza con Salvini che da molti degli iscritti è stata denunciata come un matrimonio impossibile. Incurante delle polemiche e dell’esodo di dirigenti e di militanti sardisti che la sua decisione ha causato, Solinas ha tirato avanti e l’ha spuntata. E ora Salvini esulta: «Dalle politiche a oggi se c’è una cosa certa è che su sei consultazioni elettorali, la Lega vince 6 a zero sul Pd. Anche in Sardegna, dopo il Friuli, il Molise, Trento, Bolzano e l’Abruzzo i cittadini hanno scelto di far governare la Lega. E come in Abruzzo anche in Sardegna è la prima volta che ci presentiamo alle regionali». E Solinas aggiunge: «Oggi ha vinto la Sardegna. E’ stato premiato il progetto di governo che abbiamo presentato. Non ho mai visto un testa a testa tra me e Zedda; 14 punti di vantaggio sono un dato incontrovertibile».

OLTRE LE IMPLICAZIONI sarde del voto, ci sono quelle nazionali. L’affermazione di Solinas non mancherà di provocare qualche scossa a Roma. E’ vero infatti che la Lega ha espresso il presidente, ma è anche vero che la lista lumbard non ha fatto registrare la clamorosa affermazione che in molti prevedevano. Alla vigilia del voto gli osservatori più accreditati davano la formazione politica del vicepremier leghista come futuro primo partito della regione. Invece non è andata così. La Lega è seconda al Pd. In ogni caso, Solinas che vince nettamente e i Cinquestelle in calo drammatico, da un lato rafforzano Salvini, dall’altro lo espongono alle pressioni che inevitabilmente arriveranno dagli alleati di centrodestra nelle regioni riguardo all’alleanza di governo con i grillini. «I Cinquestelle sono in caduta libera, è il momento di cambiare», ha detto Silvio Berlusconi già durante la campagna elettorale. Anche sull’altro fronte, quello del centrosinistra, i dati usciti dalle urne sarde si prestano a una lettura nazionale. Zedda ha messo insieme una coalizione larga: dal Pd a Leu (Sinistra italiana e Mdp), da Campo progressista ai pizzarottiani di Sardegna in Comune. Ex Sel e mai iscritto al Pd, il sindaco di Cagliari proponeva un modello che, se si guarda al dibattito precongressuale Pd, è più vicino alle posizioni di Nicola Zingaretti che a quelle dei suoi competitor Martina a Giachetti.

IL FATTO CHE QUESTO progetto sia uscito perdente dalle urne sarde non ne cancella la validità sul piano nazionale. In Sardegna c’è chi ha rifiutato di entrare nella coalizione zeddiana considerandola in continuità con l’esperienza della giunta uscente guidata da Pigliaru, accusata di aver realizzato in tutti i campi (dalla salute al lavoro, dalla scuola ai trasporti) politiche poco attente alle condizioni delle fasce di popolazione più deboli e più esposte agli effetti devastanti della crisi economica. “Rompere l’unità a sinistra – dicono Rifondazione e Pci, che alle regionali hanno corso insieme in Sinistra sarda – e allearsi con una coalizione con gli stessi programmi della giunta Pigliaru è stata una scelta sbagliata. Sinistra italiana e Mdp hanno perseverato nell’errore compiuto in Abruzzo”. Ma queste critiche non annullano la valenza politica di un progetto, quello di Zedda, che comunque ha ridato vigore ad un centrosinistra largo, indicando una strada che ha livello nazionale può essere un’alternativa valida per tutte le forze che si battono contro le destre. Zedda non ha battuto Solinas, ma elettoralmente e politicamente il suo modello è un valore aggiunto per tutto il centrosnistra, in Sardegna come a Roma.

ZEDDA ACCUSA IL COLPO e ammette la sconfitta: «Il risultato – dice il candidato del centrosinistra – dà la vittoria al centrodestra in maniera netta. Ho provato a chiamare Solinas e gli ho già mandato un messaggio per augurargli buon lavoro. Noi siamo andati ben oltre le aspettative. Ci davano per inesistenti, invece ci siamo, eccome. Abbiamo battuto il Movimento 5 stelle, la prossima volta batteremo il centrodestra». Ora Zedda dovrà decidere se rimanere sindaco di Cagliari o se fare il consigliere regionale. «Devo valutare», dice. Ma è tutto il suo progetto che ora sarà messo in discussione.