Il murales a Withington, casa sua, a un passo da Manchester, è invaso da cuori e messaggi d’affetto. Via le offese razziste, ma a Marcus Rashford non può bastare. La punta del Manchester United è uno dei tre calciatori dell’Inghilterra che fallendo il rigore ha consegnato Euro 2020 all’Italia. Lui, Saka e Sancho, presi di mira perché neri, una valanga d’odio via social. Riaperte ferite mai rimarginate. «Non chiederò mai scusa per quel che sono e da dove vengo, sono orgoglioso di aver giocato con la maglia dell’Inghilterra», ha spiegato Rashford sui social. Poi, altro passaggio incisivo: «Sono Marcus Rashford, 23 anni, uomo di colore di Withington e Wythenshawe, South Manchester. Se non ho altro, ho quello. Per tutti i messaggi gentili, grazie. Tornerò più forte. Torneremo più forti».

L’ispirazione per Rashford è arrivata da Lebron James, uno dei totem dello sport nella lotta al razzismo: sette anni fa, dopo un titolo Nba vinto con i Miami Heat, spiegò ai suoi haters di essere un ragazzo venuto da un ghetto di Akron, in Ohio, orgoglioso di quanto ottenuto perché non avrebbe dovuto esserci sul quel campo da basket, i suoi coetanei erano quasi tutti morti o in carcere. Di sicuro la posizione di Rashford, negli anni impegnato contro la dispersione scolastica e per i buoni pasto nelle scuole ai figli delle famiglie povere (entrando in polemica con Boris Johnson) riapre il fascicolo-razzismo nel Regno Unito, anche nel calcio.

E Boris Johnson è passato dai balzi in tribuna con la casacca dell’Inghilterra all’attacco diretto al suo governo di un calciatore inglese, il difensore (nero) dell’Aston Villa, Tyrone Mings, critico via Twitter con la ministra dell’Interno Priti Patel, «disgustata» per le offese razziste a Rashford, Saka e Sancho: «Prima avete aizzato gli animi all’inizio dell’Europeo, quando dicevate che facevamo politica gestuale quando ci inginocchiavamo contro il razzismo. Ora fate finta di essere scandalizzati quando tutto questo è ciò per cui ci siamo attivati e contro cui stiamo lottando».

Il segnale del risentimento dei calciatori e pure della nazionale inglese, aspramente criticata da Johnson e Patel per essersi inginocchiata prima del via in ogni partita, per vicinanza al movimento Black Lives Matter e al primo atleta inginocchiato contro le violenze sugli afroamericani, Colin Kaepernick della Nfl. Lo stesso governo inglese non si è mai schierato contro i buu subiti dai calciatori inglesi inginocchiati nelle amichevoli pre Euro 2020, come a Middlesbrough.

La situazione è parecchio esplosiva, il primo ministro britannico potrebbe addirittura non concedere la sfilata a Downing Street agli inglesi finalisti a Euro 2020, temendone gesti o proteste plateali. Una passerella negata, si è già visto nell’era sovranista: alla Casa Bianca Donald Trump aveva più volte negato la parata a diverse squadre vincitrici del campionato (tra cui i Golden State Warriors, Nba) con atleti apertamente in dissenso con le sue azioni ed espressioni offensive verso afroamericani e latinos.