«Totale appoggio all’azione ispettiva del ministro e del prefetto Marangoni per accertare le responsabilità anche di chi ha autorizzato una simile protesta». Felice Romano, segretario generale del Siulp che con i suoi 30 mila iscritti è il maggior sindacato di polizia, non si ferma solo a condannare i «colleghi del Coisp che hanno inscenato quella assurda e deprecabile manifestazione» sotto l’ufficio di Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, ucciso il 25 settembre 2005 da quattro agenti durante un controllo in strada. Perché oltre alla «responsabilità morale, etica e eventualmente penale dei poliziotti scesi in piazza», Romano vorrebbe veder sanzionato anche il comportamento «del questore di Ferrara che non doveva autorizzare la manifestazione».

E dei colleghi del Coisp cosa pensa?

Li conosciamo ormai: sappiamo bene che quel gruppo è consueto a questo tipo di provocazioni. Anche se non erano mai scesi così in basso, devo dire. Perché in Italia ci sono due totem sacri che non si possono mettere in discussione: la Chiesa e la mamma. Il dolore di una madre, anche del peggior criminale e non è questo il caso, va sempre rispettato…

Insomma, un assembramento di poco conto?

Beh, io non ho visto in piazza 5-6 mila poliziotti, che è il numero di aderenti al Coisp, ma solo uno sparuto gruppetto di persone. È vero però che lì c’era anche il segretario nazionale del Coisp, Franco Maccari.

Protestavano perché secondo loro i quattro poliziotti condannati per l’omicidio sono stati puniti in modo esemplare.

Questa era una scusa, in realtà cercavano la scena mediatica anche se non immaginavano che ne sarebbero stati travolti. Ma attenzione a muoversi sull’onda dell’emotività. Devo dire subito che nel dubbio preferisco un colpevole libero che un innocente in galera, e invocare il carcere per un omicidio colposo sarebbe un errore madornale. Però la verità giudiziaria, che pure non sempre è la verità in assoluto, va rispettata. Dobbiamo però chiederci perché questi poliziotti, a differenza di un qualsiasi cittadino che per esempio ubriaco uccide una persona in un incidente stradale, sono andati in carcere.

A parte la pena detentiva, al conduttore ubriaco verrebbe perlomeno ritirata la patente. I quattro poliziotti sono solo stati trasferiti da Ferrara. E l’azione disciplinare?

Sono stati trasferiti perché la presunzione d’innocenza vale per tutti. Il procedimento disciplinare, che è un atto amministrativo, viene attivato immediatamente per evitare la prescrizione che scatta dopo 6 mesi. Poi però viene sospeso in attesa del giudizio penale. Ora saranno giudicati dai consigli provinciali di disciplina non solo sulla base della condanna penale. Ma il problema vero è un altro.

Quale?

Da 20 anni diciamo che non è possibile fare il poliziotto con la terza media. A fronte di questa precondizione non c’è alcun percorso formativo, se non l’università della strada, per gli agenti che devono saper essere psicologi, avvocati, sociologi, mediatori di conflitti sociali, e devono avere la capacità di applicare tutte queste conoscenze in una frazione di secondo. Non ci sono regole di ingaggio certe e nessuno ci spiega come comportarsi in condizione di stress e di violenza. E così si è incrinato il rapporto di fiducia tra l’operatore di polizia e lo Stato, cioè la cittadinanza,

È d’accordo ad introdurre il codice identificativo?

Sì ma solo se mi danno la stessa garanzia che ha il poliziotto americano, cioè pene severissime per chi aggredisce un poliziotto. Questo è il grande problema, se non lo si risolve ci saranno sempre certi scalmanati a inscenare manifestazioni così assurde e deprecabili.