Il viaggio più recente di Vittorio Lingiardi, senz’altro una tra le menti più lucide del grande mondo preposto all’indagine sulla psiche, comincia all’indefinito confine tra conscio e inconscio, e approda a questioni di antropologia culturale: inevitabilmente, visto che il principale tra i requisiti trascendentali della natura umana, il linguaggio, fa dell’uomo un animale votato alla comunicazione, abitante del tra, e dunque appunto un essere eminentemente politico.

Della architettura concettuale di Lingiardi è testimonianza l’organizzazione grafica della copertina del suo saggio Io, Tu, Noi. Vivere con se stessi, l’altro, gli altri (Utet, pp. 154, euro 14,00) dove tre anelli entrano uno nell’altro, a rappresentare il cerchio «flessibile e insaturo dell’identità che tocca quello della relazione, tiepido o incandescente, che tocca quello inclusivo e politico della comunità». E, da capo, il viaggio ricomincia, in un complesso apprendistato dell’arte della convivenza.

LA LUNGA ESPERIENZA di Lingiardi pesca da una proficua intersezione dei suoi interessi per la psiche con le sue frequentazioni degli studiosi del cervello, e dalla apertura mentale che gli consente di valorizzare contributi sia della scuola interpersonale, sia di quella relazionale, sia di quella intersoggettiva, sommati e intersecati a quelle forme di indagine che dalle teorie dell’attaccamento, vanno all’infant research, fino alle neuroscienze, nell’ideale panorama della «coesistenza inquieta di molte epistemologie».

Alla oscillazione della psicoanalisi fra attrazione e rigetto di contributi provenienti dalle arti su un lato e sull’altro dalle neuroscienze, Lingiardi oppone una apertura prospettica capace di pescare da ognuno gli apporti più intelligenti, mentre ricorda come la forza dinamica della disciplina inventata da Freud nasca da un atto già di per sé radicato in due ambiti: se da una parte si dà verità storica di quanto accaduto effettivamente ai pazienti, infatti, dall’altra interviene una tensione alla verità di tipo ermeneutico; per non dire della verità insindacabile dei vissuti di ciascuno, a volte distanti da tutte le sponde che più si pretendono radicate nel reale, e perciò stesso non meno ma più determinante i destini in campo.

RARI EXCURSUS nella disciplina psicoanalitica portano Lingiardi, in questo libro visibilmente desideroso di incontrare un pubblico più ampio di quello cui è familiare il lessico scientifico, a tentare una descrizione delle possibili strutture di personalità alla quali un terapeuta si trova di fronte: dai disturbi dissociativi dell’identità, agli assemblaggi di «sé multipli», che tengono insieme, in contiguità non necessariamente patologiche, parti più infantili e altre più adulte, di fronte alle quali un analista sufficientemente buono dovrebbe aiutare «a raggiungere una fluida molteplicità, quando diventiamo troppo rigidi e una solida integrazione quando diventiamo troppo liquidi». È quando l’integrità dell’individuo è minacciata dall’impatto con un trauma che l’attitudine a dissociare rischia di fissarsi e cronicizzarsi in una struttura della personalità scissa.

SAGGE PAROLE ricordano, fra una pagina e l’altra, come non sempre ci sia possibile tollerare quella malinconia derivata da ciò che ci manca, che si tratti di parti di noi stessi o di altri la cui sottrazione getta un’ombra sull’Io che vi aveva collocato i propri investimenti libidici.

Anche l’identità di genere trova fra le pagine di Lingiardi nuove illuminazioni, e pragmatici inviti a misurare sulla vita contingente il fascino di espressioni come «identità multiple», «generi fluidi», «sé discontinui». La sintonia tra il sesso biologico e il proprio vissuto di appartenenza al genere, sia quando vi sia coincidenza sia quando vi sia una disforia, è – ricorda Lingiardi – una «esperienza nucleare costitutiva dell’individuo», le cui radici stanno tanto nei geni quanto nelle relazioni esperite nei tempi remoti della vita, e più tardi nel confronto con il contesto sociale: ciò che fa dell’identità sessuale una questione complessa, la quale a sua volta implicitamente rimanda alla generosità delle augurabili, fruttifere, e peraltro inevitabili intersezioni tra Io, tu, noi.