Il titolo francese è sublime nel suo magnifico potere evocativo. Snowpiercer è la traduzione inglese di Transperceneige che potremmo azzardare di rendere con «trafiggineve», o un più prosaico «traforaneve».

Il fumetto originale, la bande dessinée in bianco e nero post-apocalittica creata dallo sceneggiatore Jacques Lob e messa per immagini da Jean-Marc Rochette, è stata pubblicata a puntate in Francia fra l’ottobre del 1982 e il giugno dell’anno successivo prima di essere raccolta in volume dall’editore Casterman nel 1984.

Il successo del fumetto è tale che dopo la morte di Lob, lo sceneggiatore Benjamin Legrand rimette mano all’universo del treno che non si ferma mai e fra il 1999 e il 2000 vedono la luce altri due volumi che elaborano ulteriormente gli avvenimenti immaginati dai due autori originari.

BONG JOON-HO inizia a lavorare al progetto di un adattamento cinematografico di Transperceneige dopo Madre, film del 2009. Snowpiercer vede la luce nel 2013 ma va incontro a una serie di difficoltà infinite che ne limitano il successo e la diffusione.

Esordio inglese per Bong, interpretato da un cast internazionale comprendente Tilda Swinton, Chris Evans e John Hurt fra il altri, il film diventa oggetto di una contesa molto combattuta fra il regista di Taegu e Harvey Weinstein che ne aveva acquisito nel 2012 i diritti di distribuzione per la sua TWC.

Weinstein, orgoglioso del suo soprannome «Mani di forbice», era famigerato per snaturare il montaggio originale dei film nel tentativo di adeguarli a quello che secondo lui era il gusto del pubblico statunitense. In questo senso ha senz’altro ragione Paul Schrader che ha dichiarato, venendo clamorosamente frainteso, che Weinstein era un «criminale» ben prima che emergesse compiutamente il suo sistematico modello predatorio di abusi sessuali seriali.

Nonostante il cosiddetto director’s cut di Bong ottenga nelle proiezioni prova un gradimento infinitamente maggiore del montaggio ipotizzato da Weinstein (che chiedeva più spazio per Chris Evans), il produttore minaccia altri tagli e di fronte a un serrato colpo su colpo opposto dal regista, il mogul decide di declassare la distribuzione del film, impedendo così di fatto alla pellicola di essere distribuita capillarmente su tutto il territorio statunitense.

Snowpiercer viene presentato al festival di Roma del 2013, sotto la direzione di Marco Müller, che lo ottiene dopo una lunga trattativa.

Accompagnato da un John Hurt in splendida forma, il film è accolto entusiasticamente dal pubblico e dalla stampa e conferma che Bong Joon-ho è un regista in crescita esponenziale.

Lo strascico della controversia con Weinstein purtroppo limita la diffusione del film, nonostante le critiche siano unanimemente positive e il successo in Corea del Sud al di là di ogni ragionevole aspettativa (in Francia la Wild Side dà alle stampe un’edizione home video del film diventata immediatamente un oggetto da collezione).

Non sorprende quindi che Snowpiercer risorga nuovamente come serie tv anche se numerosissime problematiche e complicazioni ne hanno rallentato la produzione mettendone a rischio la realizzazione. Disponibile su Netflix, di Snowpiercer è già annunciata una seconda stagione.

INTERPRETATA da un’algida Jennifer Connelly, davvero magistrale, la serie annovera fra i nomi dei produttori della serie oltre allo stesso Bong Joon-ho, anche Scott Derrickson (il regista di Doctor Strange) e Park Chan-wook (il regista di Old Boy è altri cult e classici del cinema sudcoreano degli ultimi anni).

Come è ormai noto, vi si immagina uno scenario apocalittico nel quale l’umanità sopravvissuta a guerre, disastri ecologici e a un raffreddamento artificiale del clima terrestre si ritrova in un treno lungo 1001 vagoni suddiviso secondo un rigidissimo schema di classe (nel film di Bong non si fa riferimento al numero esatto delle carrozze, mentre nel fumetto e nella serie è dichiarato).

Nella coda del treno, viaggiano ammassati come animali destinati al macello, gli ultimi del mondo. Risalendo progressivamente dalla coda, le condizioni, gli agi e i lussi migliorano sensibilmente. Fra i vagoni figurano quelli della quarantena, la sauna, piscine, night, ristoranti e ovviamente strutture poliziesche e detentive.

Mentre il film di Bong, che era ambientato soprattutto fra gli ultimi che tentavano di prendere il possesso del treno, si svolgeva una quindicina di anni dopo la glaciazione, la serie anticipa a sette gli anni post apocalisse glaciale e si concentra (come una rilettura di Assassinio sull’Orient Express) sulle indagini del detective Layton, interpretato da Daveed Daniele Diggs, vincitore di un Grammy e di un Tony per il suo lavoro nel musical Hamilton.

Nelle prime due puntate vediamo il detective, il cui capo è ornato da maestosi dreadlock, indagare sul ritrovamento di un cadavere maschile fatto a pezzi ed evirato.

LAYTON evoca i casi di cannibalismo già verificatisi in coda al treno e deve raccogliere indizi controllato a vista dalle autorità poliziesche del treno e fra la diffidenza e il disprezzo degli occupanti della coda che lo accusano di tradimento.

I valori produttivi della serie sono davvero notevoli.

Soprattutto il reparto scenografico, cui hanno contribuito Barry Robison, Stephen Geaghan, Paul Alix, Thomas P. Wilkins e Gwendolyn Margetson, evidenzia una ricerca accurata di elementi in grado di bilanciare il versante futuristico con la nostalgia dei passeggeri per il mondo che si sono lasciati alle spalle per sempre.

Ed è proprio il carattere steampunk, ossia l’intreccio di elementi del passato in un contesto futuribile e fantascientifico, a fare di Snowpiercer un risultato che, stando alle puntate viste sinora, non sfigura affatto se confrontato con il film di Bong Joon-ho.

Altro elemento di tutto rispetto, le musiche composte da Bear McCreary che gli appassionati ricorderanno soprattutto per il lavoro svolto su Battlestar Galactica, altra serie di fantascienza politica e distopica.

Sarà pure banale suggestione, ma raramente gli avvenimenti nel mondo hanno fatto da sfondo più inquietante a una serie che si suppone debba essere di «fantasia» e di «intrattenimento». Evidentemente la lotta continua.