«Snowden», un uomo solo contro il sistema kafkiano e la sorveglianza di massa
Festa del cinema Oliver Stone incontra il pubblico di Roma per presentare il suo film sull'ex analista dell'intelligence americana
Festa del cinema Oliver Stone incontra il pubblico di Roma per presentare il suo film sull'ex analista dell'intelligence americana
«Non è un tradizionale film di spionaggio Snowden: non ci sono omicidi, inseguimenti… Ma non volevamo oltrepassare il confine di ciò che sapevamo essere la verità».
Quella verità raccontata a Oliver Stone da Edward Snowden, l’ex contractor delle agenzie di intelligence statunitensi – Cia, Nsa – protagonista (con il volto di Joseph Gordon-Levitt) del biopic che il regista ha presentato ieri alla Festa del cinema di Roma, e che uscirà in sala il primo dicembre distribuito da Bim.
«La sceneggiatura è stata scritta nel corso di due anni e mezzo, e grazie a ripetuti incontri con Snowden che ha attivamente partecipato alla scrittura con suggerimenti e correzioni», racconta Stone che per incontrare il «whistleblower» si è recato più volte in Russia, a Mosca, dove il trentatreenne vive in esilio dal 2013 delle sue rivelazioni al Guardian e alla regista Laura Poitras sull’anticostituzionale sorveglianza di massa praticata proprio dalle agenzie di spionaggio per cui lavorava.
«Snowden è un film kafkiano, su un potere così pervasivo e opprimente da costringere le persone a compiere azioni crudeli e illegali senza neanche accorgersene».
«Le informazioni che Snowden ha fornito al mondo sono sconvolgenti – osserva Stone – ma la maggior parte degli americani, compresi i giornalisti, secondo me non ne ha compreso la reale portata». Principalmente per la difficoltà di leggere a chiare lettere, attraverso complessissimi codici, virus e legislazioni informatiche, la violazione dei diritti umani da parte del governo statunitense.
La sfida più difficile, spiega infatti Stone, è stata proprio rendere comprensibile la grande bugia che secondo lui il governo statunitense ha propinato ai suoi cittadini e al mondo intero: «Ci è stato detto che la sorveglianza di massa è fondamentale per combattere il terrorismo. Ma la storia recente, dall’11 settembre fino ai massacri di Parigi o di Orlando, ci dimostra che era una menzogna: la sorveglianza mirata in questi casi era più che sufficiente per individuare le minacce concrete, contro le quali non è stato fatto nulla».
Il punto, per Snowden e Stone, è che il controllo orwelliano messo in atto dall’intelligence Usa non serve a difendersi dai terroristi ma proprio per «controllare tutto e tutti», anche i paesi amici come il Giappone – che come rivela il protagonista del film è stato «infiltrato» da virus, attivabili nel giorno in cui l’amicizia con l’America si dovesse interrompere. Il futuro della guerra, continua il regista, «non è nelle armi tradizionali, ma nei conflitti informatici e nei cambi di regime pilotati proprio attraverso il controllo e la manipolazione della popolazione».
Una pratica della quale, secondo il regista di Platoon, è grande sostenitrice la candidata democratica Hillary Clinton: «Capisco che voi europei siate scandalizzati da Trump, che secondo me non ha mai avuto nessuna possibilità di vincere. Ma il problema è che Clinton rappresenta il sistema americano, la filosofia di pensiero per cui o siete con noi o siete contro di noi».
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