Uno dei principali attacchi a tutto il team che ha condotto e reso pubblico lo scandalo noto come Datagate, ha avuto a che vedere proprio con la fonte di tutte le informazioni, l’ex agente Cia Edward Snowden. Puntando contro di lui l’accusa secondo la quale Snowden non era altro che una sorta di nerd, un hacker un po’ sfigato, in ogni caso di basso livello, l’amministrazione Usa e la stessa Nsa, pensavamo di porre seri dubbi all’attendibilità di tutto lo scandalo.

Circostanza negata dai fatti e dal curriculum straordinario di Snowden, che ieri per la prima volta ha parlato ad una televisione americana dei suoi trascorsi, specificando che che la definizione che le autorità Usa hanno dato di lui come «amministratore di sistema di basso livello» è «un pò fuorviante» e sostiene di aver «sviluppato fonti e metodi per mantenere le nostre informazioni e persone al sicuro negli ambienti più ostili e pericolosi del mondo». Snowden rivendica quindi la sua professionalità di alto livello, dimostrata anche dalle parole di Greenwald, secondo il quale tutto il materiale presentato dal ragazzo era in completo ordine, con tanto di legende per le tante sigle presenti, a dimostrazione di come Snowden, per altro, avesse letto e conoscesse molto bene i dossier consegnati a Greenwald e Poitras.

Uno degli elementi più importanti di tutto lo scandalo Datagate e il modo in cui il team Greenwald- Poitras ha deciso di gestirlo, infatti, era legato alla professionalità di Edward Snowden, la fonte di tutte le informazioni che avrebbero dimostrato l’esistenza di una costante e continua attività di spionaggio da parte della Nsa sui cittadini americani e non solo. Anche nella recente intervista al manifesto, Glenn Greenwald, il giornalista che ha pubblicato per primo alcuni dei files consegnati dall’ex spia, ha sottolineato quanto l’alto livello professionale di Snowden sia stato considerato fin da subito fondamentale.

Il rischio, ha raccontato Greenwald, era che il pubblico e soprattutto il governo e la Nsa, provassero a sminuire il ruolo di Snowden, etichettandolo come poco più di una nullità rispetto al materiale che aveva trafugato. La realtà, invece, racconta di uno Snowden che seppure senza studi universitari, è stato capace di fare carriera tanto alla Cia, quanto alla Nsa, diventando – benché giovane – uno dei tecnici più stimati in fatto di cybersicurezza. Talmente preparato da essere anche arruolato come insegnante, per le future spie che avrebbero dovuto preparare attacchi e difese rispetto al nemico informatico numero uno, ovvero la Cina. Questi skill, sono stati sottolineati da Edward Snowden stesso in un’intervista andata in onda nella notte italiana di ieri negli Stati uniti.

Quattro ore di dialogo, registrato all’hotel Kempinsky a Mosca, con un giornalista della Nbc. E il punto su cui Snowden ha inisistito di più è stato proprio questo: «Sono stato addestrato come una spia nel senso tradizionale del termine, ho vissuto e lavorato sotto copertura, all’estero – facendo finta di lavorare in un posto di facciata – e ho avuto anche l’assegnazione di un nome che non era il mio». Snowden è entrato anche nel dettaglio: «Io sono un tecnico specializzato, non lavoro con le persone, non recruto agenti. Quello che ho fatto è stato far funzionare i sistemi americani. E l’ho fatto a tutti i livelli, da quelli più bassi a quelli più alti».

Snowden, a Mosca, ha sottolineato quanto già i suoi compagni di viaggio in questa avventura avevano ampiamente chiarito: «Ho lavorato per la Central Intelligence Agency – sotto copertura e all’estero, ho lavorato per la Sicurezza Nazionale Agenzia – sotto copertura e all’estero, e ho lavorato per la Defense Intelligence Agency come docente presso l’addestramento delle attività di controspionaggio». Nell’intervista concessa al network americano, dopo trattative durate mesi, Snowden racconta anche alcuni particolari della sua fuga, del suo arrivo a Mosca.

La sua permanenza ad Honk Kong è accennata anche nel libro di Greenwald, con alcuni particolari della loto vita all’interno della stanza d’albergo dove Snowden, Greenwald e Poitras, hanno messo insieme le prime strategie riguardo al Datagate. La notizia dell’intervista di Snowden, proprio nei giorni in cui si è parlato di un suo possibile ritorno negli States, ha risvegliato il segretario di Stato Usa al riguardo. John Kerry ha detto che sarebbe «assai felice» se Edward Snowden tornasse negli Usa, aggiungendo che in effetti «dovrebbe tornare», e che «se volesse tornare negli Stati Uniti oggi, lo metteremmo su un volo oggi» stesso. «Dovrebbe tornare. Questo è quello che farebbe un patriota. Un patriota non fuggirebbe cercando rifugio in Russia o a Cuba».