In questi giorni Sel annuncia la fine dell’alleanza con il Pd, per il futuro, in molte città. A Roma negli ambienti Pd circola voce che se la sinistra non si allea al Campidoglio andrà in crisi anche la giunta regionale di Nicola Zingaretti, un’alleanza di centrosinistra che resiste.

Massimiliano Smeriglio (Sel), la sua poltrona di vice di Zingaretti balla?

Chi, da sinistra, sceglie di praticare la strada del governo vive in una continua condizione di precarietà. Tuttavia nel Lazio è stato premiato il governo del centrosinistra, con Pd Sel e liste civiche, che pratica strade di sinistra dall’acqua pubblica al reddito per il cittadino in formazione. Voglio dire a chi, fuori dalla regione, fa strane fantasie, che abbiamo due consigliere e un consigliere, tutti molto combattivi. Senza Sel la giunta non esisterebbe più. Sarebbe un colpo alla sovranità popolare. Nel Lazio il partito della nazione non è il benvenuto.

Per lei il Pd è un alleato, ma in Parlamento attaccate Renzi. E ipotizzate di votare M5S ai ballottaggi. Non c’è contraddizione?

Sia chiaro: non saliamo in montagna, non stiamo decidendo di darci alla clandestinità contro un regime autoritario. Siamo all’opposizione nettissima del governo per quello che fa e soprattutto per quello che non fa. E siamo impegnati in una battaglia di cultura politica contro il renzismo che da un lato liscia il pelo al populismo e al primitivismo e dall’altro accetta tutte le compatibilità dei tecnocrati europei. Dei ballottaggi parleremo a suo tempo. Al secondo turno voteremo i candidati appoggiati da Sinistra italiana perché saranno i più credibili per governare le città con programmi e valori di sinistra. Valori come la solidarietà contro un razzismo strisciante, il garantismo contro la torsione forcaiola, l’europeismo e la democrazia di prossimità contro la partecipazione a responsabilità limitata. Spesso lontani da quelli dei cinque stelle.

Come vi presenterete alle amministrative?

Come Sinistra italiana.

E gli altri della sinistra ‘extraparlamentare’ che non fanno parte dei gruppi?

Il treno è partito con una spinta emotiva molto forte, imprevista. In queste ore in tutta Italia succedono cose importanti. Chiunque è il benvenuto, senza doppie tessere o privilegi pattizi. Il fermento intorno a SI è già un fatto politico significativo. Al Quirino si è mossa una porzione di popolo. Noi dobbiamo stare dentro quel vincolo di popolo che ci ridà forza e credibilità. A volte si costruiscono soggetti a tavolino, senza anima ma con tutte le virgole al posto giusto. Qui abbiamo un anima. Manca tutto il resto e andrà costruito in trasparenza, una testa un voto, evitando come la peste forme di sequestro della discussione.

Ma dopo Bologna, Torino e Roma, romperete le alleanze in tutte le città?

Decideranno i compagni e le compagne di quelle realtà. Siamo in una fase inedita e nulla può essere dato per scontato. Ma dovremmo essere più democratici di Renzi che da palazzo Chigi decide di fare il sindaco di Roma per interposta persona.

Pisapia a Milano e Frascaroli a Bologna non ci stanno a rompere con il Pd. Subirete perdite, nuove scissioni?

Sinistra italiana nasce per unire e per allargare fino a immaginare un nuovo dialogo persino con il cattolicesimo democratico. Non possiamo perdere nessuno. Certo non figure fondamentali come Pisapia e Frascaroli. Sarebbe un errore e un danno che rischierebbe di strangolare in culla la nuova creatura politica. Vanno sollecitati a diventare protagonisti assoluti del nuovo corso, non solo nelle loro città.

Se non accetteranno?

È una opzione da scongiurare con ogni mezzo. Sono sicuro che Giuliano e Amelia siano attraversati dallo stesso sentimento.

Da questo processo Sel uscirà cambiata? Farete un congresso?

Sel è già cambiata e riceverà dal nuovo processo energia e spinta. Ci scioglieremo appena sarà chiara la consistenza e l’indirizzo del nuovo partito. Lo faremo nelle forme democratiche più adeguate. È tempo di dedicarci al nuovo che nasce, guardando con fiducia a quello che Sinistra italiana potrà rappresentare per il Paese e per quelli non invitati alla rivoluzione passiva di Renzi. Chi vive di lavoro e pensione, i giovani che si barcamenano tra lavoro non lavoro, autosfruttamento e precarietà.