L’analisi della complessità della rete di ecosistemi in cui siamo immersi, cui fa però subito seguito l’indicazione dell’urgente revisione delle pratiche per viverci in equilibrio, proposte per Slow Food da Francesco Sottile, esperto di biodiversità negli agrosistemi, inizia e finisce con un accorato invito a cambiare radicalmente postura. A cercare di guardare le cose dal punto di vista del suolo, degli organismi vegetali e animali, di risorse quali luce e acqua. Insomma, Dalla parte della naturaCapire gli ecosistemi per salvare il nostro futuro (Slow Food Editore, pp. 171, € 14,50).

Smettendo di pretendere di governare la natura, destagionalizzando, omologando produzioni e annullando diversità e, secondo un modello che, con la cosiddetta Rivoluzione verde, ma poi ancora oggi con le politiche europee per l’agricoltura, privilegia l’agroindustria delle monocolture e della creazione di nuove varietà. Quelle che riducono la biodiversità senza tener conto delle relazioni con i territori e della salute degli ecosistemi. Si evidenziano così le correlazioni di questo modello con la crisi climatica in atto, dal ricorso massiccio a fertilizzanti e pesticidi all’insostenibilità dell’allevamento intensivo. Con ricadute sociali a scapito di un’agricoltura familiare, di piccola scala, multifunzionale, e relativa perdita di sovranità sulle varietà tradizionali nella produzione del seme. Mentre invece, in forza di un legame virtuoso tra vocazione ambientale dei territori e comunità, un’attenta gestione organica del suolo e la conservazione delle risorse, una diversificazione delle colture nel senso del mantenimento della diversità genetica locale, indicano nella biodiversità dell’agroecologia uno strumento per restituire equilibrio all’ecosistema. E, assieme, un paradigma di convivenza naturale dove ogni elemento ha un ruolo e il cibo, come nutrimento e strumento di sviluppo, recupera la propria centralità