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«Situazione delicata in Lombardia, mancano perfino le mascherine»

«Situazione delicata in Lombardia, mancano perfino le mascherine»Un'infermiera all'ospedale di Brescia – Foto Ap

Intervista a Giancarlo Go (Fp Cgil Infermieri) «Più tamponi a noi? Difficile trovare altro personale. Turni da 13 ore per senso del dovere»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 19 marzo 2020

La disperazione viaggia via Whatsapp. Lunghe catene di messaggi recapitati ai sindacalisti per denunciare le impossibili condizioni di lavoro. «La situazione in Lombardia è drammatica, nel mio ospedale siamo al collasso». E ancora: «Afflusso costante di pazienti, il 90% se non di più per Covid, i dispositivi ci sono ma arrivano razionati e col contagocce, i turni escono giorno per giorno e spesso siamo costretti a maratone di 12 ore, i ventilatori polmonari, nonostante sia arrivato qualcosa, non bastano mai». E infine: «Abbiamo necessità di supporto logistico dalle altre regioni meno colpite e strumenti organizzativi validi siccome spesso regna il caos». Il mittente è Giancarlo Go, responsabile gruppo nazionale infermieri della Funzione pubblica Cgil (Fp Cgil), infermiere padovano, ora chiamato a coordinare le richieste dei colleghi di tutta Italia.

Giancarlo Go, i messaggi che le arrivano testimoniano una situazione al limite.
Sì, in Lombardia la situazione è molto, molto delicata e complicata. Il personale sta dando il mille per cento per garantire il servizio ma arrivano segnali quasi disperati. Nelle altre regioni va meglio, ma solo perché ci sono meno casi; se aumentassero la situazione sarebbe uguale anche lì perché il Sistema sanitario è tarato su numeri precisi, non si può andare oltre. Le Regioni stanno procedendo in ordine sparso, c’è bisogno di una strategia comune.

Ora la nuova priorità sembra essere “fare tamponi al personale sanitario”. Ma un mese fa lo stesso Zaia – che adesso lo propone – chiedeva di togliere dalla quarantena medici e infermieri che non avevano sintomi…
L’emergenza va gestita di volta in volta. È passato un mese e il quadro è mutato. Abbiamo 600 positivi fra il personale in Lombardia, 400 nelle Marche. Ora è giusto fare i tamponi a tutti gli operatori che sono a contatto con pazienti fragili ma se si considera che nel solo Veneto ci sono 53mila operatori e ne scopriamo parecchi positivi, come li sostituiamo? Si dice: spostiamo quelli delle capacità assistenziali come gli ambulatori – che sono stati chiusi – ma si tratta di personale che spesso è di età elevata e non in grado di operare in ospedale. Anche l’aver bloccato temporaneamente gli interventi di elezione, cioè le operazioni programmate, non fa recuperare che poco personale. Manca una strategia precisa.

Quali sono le vostre richieste prioritarie a Regioni e governo?
Il problema a monte – mai risolto – è l’assoluta emergenza nel reperire i dispositivi di sicurezza per il personale. Capiamo tutto, ma il personale deve essere dotato degli indispensabili presidi di protezione. Le indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità sono molto chiare: le tipologie variano rispetto al tipo di contatto con i pazienti, ma dalle mascherine agli occhiali, dalle tute ai guanti tutti gli infermieri devono poter operare in sicurezza. Si vedono sui social video che mostrano scene incredibili sulle mascherine. Mi sento di smentirli, i nostri colleghi hanno professionalità tali da sapere come operare in sicurezza e non rischiare la vita loro e dei pazienti.

Le foto di infermieri stremati hanno fatto il giro del mondo. Come sindacato quali indicazioni date sui turni? Esiste un tempo limite da non superare assolutamente?
La turnistica è indicata nella normativa internazionale, in quella nazionale e nei contratti di categoria. Il massimo per il personale infermieristico è di 13 ore al giorno con 11 ore di riposo. A livello settimanale il tetto massimo è di 52 ore, che devono scendere a 48 ore nella media dei sei mesi. E’ chiaro però che in situazioni di emergenza come in Lombardia non ci mettiamo certo a fare rimostranze e sappiamo che alcuni colleghi hanno superato i limiti. Anche per questo chiediamo a tutti di rimanere in casa perché turni massacranti significano qualità minore dell’assistenza e, alla lunga, si mette a rischio la qualittà dell’assistenza.

Il quadro è così desolante che le chiedo di chiudere l’intervista con una nota di otttimismo.
Ma certo. La curva di malati e pazienti in terapia intensiva è già calante. Ce la faremo. Serve tener duro ancora qualche settimana. E sono sicuro che tutti i colleghi infermieri lo faranno.

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