L’occidente ha deciso di andare a vedere se la proposta russa di lunedi’ di mettere le armi chimiche siriane sotto controllo internazionale è reale e sincera. Obama, che ieri sera doveva rivolgersi alla nazione (ma dalla East Room, meno formale dell’ufficio ovale), ha parlato di “sviluppo potenzialmente positivo”, che è possibile che “eviti l’attacco militare” – anche l’ipotesi di attacco resta aperta – mentre il voto al Senato, che era previsti per oggi, è slittato per ora alla prossima settimana. La Francia, l’unico alleato pronto ad impegnarsi militarmente, pone le sue condizioni e ha presentato già ieri un progetto di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu: il ministro degli esteri, Laurent Fabius, ha precisato che la risoluzione dovrà essere posta “sotto il capitolo VII”, che prevede il ricorso alla forza militare in caso di violazione degli impegni presi da parte della Siria.

Usa e Francia hanno accolto favorevolmente l’iniziativa russa, che riporta in primo piano la diplomazia, anche perché permette a Washington e Parigi si uscire dall’impasse dove si erano arenate, di fronte alle difficoltà di dar vita a una coalizione di stati più ampia del tête-à-tête Obama-Hollande (che ieri hanno avuto un lungo contatto telefonico) e all’ostilità persistente e crescente delle opinioni pubbliche dei due paesi. Per Usa e Francia, che cosi’ guadagnano tempo, è la prova che “la minaccia del ricorso alla forza ha pagato”: salvano la faccia, evitando per il momento un’avventura dagli sviluppi e dagli esiti più che incerti. La tappa attuale è verificare che la proposta “non sia utilizzata come una manovra di dilazione”, ha precisato Fabius, sulla scia di Obama che rifiuta “tattiche dilatorie che riportino la situazione allo stallo”. Stessa precauzione a Londra, dove David Cameron ha affermato che adesso “tocca a Russia e Siria dimostrare che la proposta sulla consegna delle armi chimiche è genuina”. A Berlino, Angela Merkel giudica l’iniziativa “interessante”, ma dice di aspettare “gli atti seguenti”, sperando che non si tratti di “guadagnare tempo”. Ban Ki-Moon è pronto a dare spazio all’iniziativa che puo’ evitare il ricorso alle armi. La Cina sostiene la proposta russa. Per il portavoce di Catherine Ashton, l’Alta rappresentante per la politica estera della Ue, bisogna verificare se la proposta russa “è seria e se possa venire applicata”. Il ministro degli esteri russo, Serguei Lavrov, ha precisato ieri che il piano russo sarà definito attraverso “trattative concrete” con Ban ki-Moon e con l’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche. Per Putin, la manovra serve ad evitare una guerra che la Russia non ha i mezzi per fare. Ma la Russia ha respinto ieri l’ipotesi di una risoluzione che lasci aperta l’ipotesi di un ricorso alla forza.

Secondo la ricostruzione della genesi della proposta, Obama ha evocato questa ipotesi con Putin nel corso del G20 a San Pietroburgo, durante un breve dialogo a due, di una mezz’ora, ai margini della seduta plenaria del 6 settembre. Secondo un’informazione di Le Monde, Putin e Obama avrebbero già evocato questa soluzione al precedente G20, più di un anno fa, nel giugno 2012 a Los Cabos in Messico. La Francia, che è stata tenuta a distanza da questi contatti Mosca-Washington, ha fretta di mettersi al centro del gioco diplomatico. Ieri ha presentato all’Onu un progetto di risoluzione, su cui si annuncia una discussione di giorni tra diplomatici all’Onu, dove le tensioni sono già molto forti. Fabius ha precisato che è in cinque punti: “condanna il massacro chimico, chiaramente attribuito al regime siriano; esige dalla Siria che faccia senza tardare la luce sull’arsenale, che accetti il controllo e lo smantellamento; il sistema di ispezione sarà sotto l’egida dell’Organizzazione internazionale di proibizione delle armi chimiche; prevede conseguenze serie in caso di violazione e, infine, gli autori saranno sanzionati di fronte alla giustizia penale internazionale”. Per Fabius, “sull’accettazione di queste condizioni giudicheremo la credibilità della proposta di ieri”. Il ministro degli esteri britannico, William Hague, sostiene la proposta di Fabius di porre la risoluzione sotto il capitolo VII che lascia aperta l’ipotesi di un ricorso alla forza in caso di violazione degli impegni presi da parte della Siria. Anche l’Italia si è invitata al tavolo dei mediatori. Per il ministro della difesa, Mario Mauro, “con la sua linea l’Italia ha provocato un contagio di ragionevolezza tra i paesi dell’occidente”.

La strada resta comunque ancora lunga per avere la certezza che non ci sarà ricorso alla forza. L’applicazione pratica di una risoluzione Onu andrà incontro a numerose difficoltà. La Siria ha mille tonnellate di gas tossici, bisognerà stabilire dove sono immagazzinati e se il controllo li ha reperiti tutti, un’operazione che per l’Iraq, per esempio, è durata anni, dal ’91 al ’98. Human Rights Watch ha reso noti ieri nuovi elementi che proverebbero la responsabilità del regime di Assad nell’attacco chimico del 21 agosto.