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Siria, Mosca si coordina anche con Amman. Putin: «Dove sono i moderati siriani?»

Siria, Mosca si coordina anche con Amman. Putin: «Dove sono i moderati siriani?»

Siria I sauditi: «Abbiamo trovato un terreno comune con la Russia sul futuro di Assad»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 24 ottobre 2015

Dopo Baghdad, la Russia appoggia gli stivali anche ad Amman: ieri il ministro degli Esteri russo Lavrov ha annunciato insieme alla controparte giordana la creazione di un secondo centro di coordinamento militare anti-Isis in Giordania. Funzionari militari di entrambi i paesi lavoreranno fianco a fianco nella definizione delle strategie e delle azioni in territorio siriano e per condividere informazioni di intelligence per operazioni di antiterrorismo. Cade così nella rete di Mosca un altro alleato di ferro Usa e tra i primi sostenitori delle opposizioni moderate anti-Damasco, dopo l’Iraq alle prese con l’esistenziale dilemma «Putin o Obama» e la Turchia che pur non rientrando nella sfera russa ha aperto nei giorni scorsi alla partecipazione del presidente siriano Assad al processo di transizione politica.

L’annuncio di un nuovo centro di coordinamento arrivava mentre a Vienna si incontravano gli attori globali della guerra civile siriana: Stati uniti, Russia, Turchia e Arabia saudita. Il russo Lavrov ha aperto le discussioni ripresentando la nota richiesta russa: una collaborazione militare anti-Isis che preceda e prepari la transizione politica. Inoltre ha prospettato la partecipazione al piano di pace di Iran e Egitto, entrambi favorevoli fin da subito all’intervento di Mosca. «Sono necessari negoziati di ampio raggio tra i rappresentanti del governo siriano e l’intero spettro delle opposizioni, sia interne che esterne, con un attivo supporto da parte degli attori stranieri», ha detto Lavrov. Mosca non intende perdere l’occasione di mostrarsi come pacificatrice, la fautrice di una soluzione negoziale che accontenti gli interessi strategici di tutti. L’unico modo per garantire i propri: solo la fine della guerra porterà ad una stabilizzazione delle zone di influenza e degli equilibri di potere regionali (tra asse sciita e asse sunnita) e globali (tra Occidente e Russia). Una necessità che lo stesso presidente Putin aveva reiterato giovedì: un dialogo che coinvolga le opposizioni e una strategia militare condivisa dalla coalizione guidata dagli Usa.

Resta da capire quali opposizioni, a cui Putin ha riservato una frecciata per bocca del suo portavoce: «Fin dal primo momento dell’operazione in Siria, ci siamo detti pronti a collaborare con i moderati. Ma siamo stati incapaci di trovarne. Non c’è nemmeno una forza sul campo con cui discutere. E statunitensi e europei non ci hanno potuto aiutare ad identificarli». E a proposito dell’incontro tra Putin e Assad, si è espresso il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ha detto di sperare che l’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il collega siriano Bashar al Assad «cambi le dinamiche sul terreno».

Rispondendo alle domande dei giornalisti al Palazzo di Vetro, ha poi precisato che per ora «non ha commenti» da fare in merito all’accordo firmato da Usa e Russia per prevenire incidenti aerei in Siria. A rafforzare la posizione russa sono però gli stessi avversari, consapevoli che tale collaborazione è ormai imprescindibile. L’allontanamento di Assad non è più una precondizione irrinunciabile. Lo ha reso noto un funzionario di Ankara, anonimo, lo scorso 19 ottobre: nove paesi (Usa, Turchia, Francia, Regno Unito, Germania, Giordania, Qatar, Emirati Arabi e Arabia saudita) si sarebbero accordati sulla formula dell’interim di sei mesi per il presidente siriano. Un interim simbolico, senza poteri esecutivi né militari. Un’apertura di facciata, sì, ma che sottintende ad un’accettazione del ruolo dell’attuale establishment politico nel futuro siriani.

Ufficialmente le posizioni restano quelle note: dopo l’incontro di ieri i sauditi hanno detto di non aver individuato un terreno comune con la Russia sul futuro di Assad. Di «idee costruttive» ha parlato invece il segretario di Stato Usa Kerry che ha fatto sapere che probabilmente il prossimo venerdì seguirà un secondo incontro.

La Casa bianca non è scesa nei dettagli. I burattinai mondiali non vogliono togliersi le maschere ma sul campo sanno di dover agire in fretta seguendo i dettami della realpolitik e non di vetusti slogan.

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