The Lockdown Sessions non è il primo né sarà l’ultimo album interamente costruito da remoto. Ma una primazia ce l’ha eccome: e sta nella capacità tutta progettuale del suo autore di pianificare un’uscita di scena che sa d’altri tempi e allo stesso tempo tenta di assaggiare un possibile futuro della musica “pop”. Tutto questo sembra suggerire l’ascolto ripetuto dei brani dell’ultimo (ed estremo a quanto pare) disco di Elton John, già indirizzato dal titolo, completamente registrato e allestito, durante i mesi più crudeli della pandemia, con una pattuglia di artisti, agguerrita, trasversalmente generazionale e disposta a mettersi in gioco tanto quanto la celebre rockstar di Benny and The Jets. Allorquando nessuno sapeva come uscirne (e pur con tutte le dovute contromisure si è ancora dentro questa irreale condizione di vita). Infatti, il pianista e cantante inglese ha dovuto dapprima interrompere il suo tour d’addio alle scene, anche per problemi di salute, e successivamente reinventare di sana pianta il suo saluto al pubblico e che per sua fortuna si è moltiplicato in tanti “singoli progetti” come ha avuto modo di affermare nelle dichiarazioni che hanno accompagnato la pubblicazione dell’album. In questo caso Elton John ha speso molte parole, molte di più di altre occasioni.
SARA’ STATO l’avvenimento o tutt’al più sarà stata una modalità nuova di rapportarsi ad un pubblico che l’ha sempre amato al di là della traversie personali e degli eccessi privati (il biopic “Rocket Man” ha rischiarato la biografia e non a caso si chiude con la rinascita di I’m still standing dopo la rovinosa caduta dal successo dei primi anni ‘70), ma di tutto questo resta alla cronaca che Lockdown Sessions si sta ascoltando già come un prossimo capolavoro di questo tempo. Anticipato da “Cold Heart” con il nostro a duettare con Dua Lipa su un tappeto di sue superhit appositamente cucito dai produttori Pnau. Ma. Il disco non si ferma qui. Anzi è in continuo e costante crescendo con i “featuring” di Charlie Puth (After all), Lil Nas X (One of me) e addirittura con il cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder (E-ticket) e con il vecchio Stevie Wonder (Finish line). Tanto per citare qualche duetto e non stilare il solito elenco, con i più scontati Gorillaz, Stevie Nicks e Years & Years (qui la cover di It’s a sin dei Pet Shop Boys circumnaviga l’Elton John degli anni ’80 e ‘90) e lasciando in chiusura Nothing Else Matters dei Metallica, che vede Elton John e Miley Cyrus accodarsi ai tanti onori che la band di Robert Trujillo sta raccogliendo per i 40 anni della sua fondazione, anche con la riedizione del “Black Album”.