C’è un momento intimo e musicale sublime in una fase avanzata di The Order 1886, l’esclusiva per Playstation 4 che ha diviso la critica e il pubblico di tutto il mondo per la sua visionaria potenza filmica e narrativa che non si sostituisce al gioco ma lo abbraccio in un amplesso appassionato e irresistibile. Apriamo un mobile negli archivi della Compagnia delle Indie e tra le carte reperiamo un documento sonoro che contiene la versione integrale del preludio in mi minore di Chopin. Così chiudiamo gli occhi, non guardiamo né premiamo tasti ma ascoltiamo, lasciando che le note del musicista polacco trascorrano dolenti e illuminanti e ricordandoci ancora una volta che in inglese il verbo «to play» vale sia per giocare che per suonare, ed è una cosa meravigliosa.

Nato dalla fantasia di Ru Weerasuriya, originario dello Sri-Lanka cresciuto in Svizzera e co-fondatore dei californiani Ready at Dawn Studios insieme all’italiano Andrea Pessino, The Order 1886 si svolge in una Londra vittoriana dal substrato sociale che è una rilettura di Dickens in chiave fantastica, una metropoli che non è la stessa del nostro mondo sebbene personalità ed eventi siano simili in entrambi. Il signor Benz costruisce la sua prima «automobile», L’Anello del Nibelungo è rappresentato a teatro, un maniaco omicida a cui la stampa darà un celeberrimo nome massacra sventurate prostitute, Nicolas Tesla inventa prodigi.
Non tutto è uguale quindi, perché le tecnologie sono più evolute e, in perfetto stile «steampunk», alterano l’iconografia ottocentesca della capitale inglese. Inoltre l’umanità lotta da leoni contro un nemico ancestrale rappresentato dai Mezzosangue, esseri umani evoluti in maniera differente dall’Homo Sapiens e che mantiene caratteristiche bestiali: licantropi e un’altra specie horror che tacerò per rispetto di chi ancora non ha giocato. Per combattere la minaccia esiste l’Ordine, fondato da Re Artù, e i suoi cavalieri sopravvivono per secoli grazie ad una magica, mistica, parsifaliana pozione.

Giochiamo nelle nobili vesti di Sir Galahad un’avventura che sorprende ad ogni capitolo, diventando infine politica oltre che epica, perché scardina le certezze nel sistema e appoggia soluzioni rivoluzionarie e anarchiche. Ma raccontare la trama di un videogame il cui valore è fondato soprattutto sull’intreccio sarebbe ingiusto e conviene fermarsi sulla superficie elettronica, che è magnifica. Non si è mai visto niente di simile su console e nemmeno sui computer più evoluti, la resa estetica di The Order 1886 è sbalorditiva non solo per il suo fotorealismo ma per l’amore con cui ogni dettaglio, persino quello più insignificante, è stato realizzato. C’è poesia e invenzione in ogni scenario, dalle decadenti e labirintiche viottole di White Chappel al tetro e spaventoso Ospedale che già visitammo con gli occhi in Elephant Man di David Lynch, salvo che qui è un desolato luogo d’orrore. Ma non tutti possono apprezzare l’opera di Ready at Dawn proprio per una raffinatezza d’ideazione che scavalca il medium dei videogiochi, trasformando The Order 1886 non in un’opera ibrida tra cinema e videogame ma in qualcosa di nuovo. Qui le animazioni, le sparatorie, l’esplorazione, l’infiltrazione e gli eventi in tempo reale hanno la stessa importanza fondamentale per creare l’esperienza complessiva. Bisogna giocare molto lentamente per apprezzare il lavoro di Ready at Dawn in tutta la sua travolgente bellezza, per contemplarlo e amarlo.

Non si tratta di un’esperienza lunga ma concisa, poiché ci vogliono dieci ore scarse per terminarlo in modalità difficile. La durata, rivelata in anticipo da You Tube, ha indignato a priori il pubblico sempre infiammato dei forum sul web, causando ire sul prezzo (lo stesso di tutti i giochi), l’assenza del multiplayer online e il fatto che si spara troppo poco e si guarda tanto. Ma ognuno ha il gioco che si merita e il tempo di The Order 1886 è tanto sintetico quanto memorabile e non c’è mai il sentore della più vaga noia, solo un’immedesimazione crescente.

Che l’azione non sia preponderante è un dato di fatto ma i segmenti in cui si spara o si lotta contro bestioni zannuti sono ludicamente molto godibili. Lo stesso valore artistico degli scenari, e di qualunque oggetto rappresentato nel gioco lo possiede la musica orchestrale, composta da Jason Graves e Austin Wintory, il cui timbro grave e oscuro ricorda quello del Requiem Tedesco di Brahms, con la sua nera assenza di violini. The Order 1886 è come una grande sinfonia e «ascoltarla» presuppone sia passività che interattività, quella che sorge naturalmente quando la nostra immaginazione reagisce alla musica, giocando con le note e creando immagini. È vero che in The Order 1886 si percepisce qualcosa di non concluso e quando infine termina è con dolore che si abbandona il suo mondo. Ma è un emozione simile a quella che si prova quando, dopo il secondo movimento, l’Incompiuta di Schubert cessa di risuonare.