«Quando si sta assieme da trent’anni si captano gli umori anche senza bisogno di guardarsi. Dai respiri, dalla carica elettrica delle molecole di aria che rimbalzano sulla pelle». La divulgazione dell’entanglement quantistico ci insegna che due particelle possono influenzarsi a distanza. Chissà se può valere anche per noi esseri umani e per le nostre esistenze quotidiane.
Giacomo Sartori prova a farlo con la sua Fisica delle separazioni (Exòrma, pp. 180, euro 16,50). Più che un trattato, però, ci troviamo in mano un’opera musicale in Otto movimenti.
Primo. Nella vita di coppia la memoria è nociva. «Quando si è vissuti tanto tempo insieme ci sono moltissime cose da dimenticare». Sartori asserisce le sue regole di coesistenza amorosa che profilano un’exit strategy dalla coppia, per quanto possibile indolore. Bisogna restare umani. Questa è l’esperienza che l’autore ci fa condividere con il suo bio-romanzo. Così, può accadere che si debba lasciar andare chi ce lo chiede. Secondo movimento: dobbiamo imparare a «uccidere» chi ci implora di farlo. Per non rischiare di ammazzarlo davvero. Oppure, per evitare che la compassione dia pacche sulle spalle di un dolore insopportabile.

CRUCIALE, POI, è capire chi lascia chi? Terzo. E così via. Questo, intanto, ce lo possono svelare solo i sogni rivelatori. La risposta è rimasta «nel loro mondo, dove ci sono le verità, che a noi umani sono precluse». Nella vita reale, invece, soggiacciamo spesso al dio del massacro. «Anche oggi sono volati insulti e parolacce, schizzi che insozzano la nostra relazione». Dobbiamo tenerci allenati per sopravvivere a questo corpo a corpo. Quarto. Per non dare il peggio di noi dobbiamo pregare un altro dio. «Forse questa sera non litigheremo, forse domani andrà meglio». Pregare di essere migliori e diagnosticare le vere ragioni della rottura. Quinto. Nella vita, infatti, prima o poi tutto si corrompe, tutto finisce. «L’oro ridiventa pietra». Ecco, dobbiamo monitorare le parole. Le parole sono importanti. Chi parla male, vive male, ricordate? All’inizio la passione si nutre di parole, ne è ghiotta, avida, «come il fuoco si eccita agli spruzzi di benzina, (…) in un processo biochimico di autocatalizzazione (…) che poeti e romanzieri indagano in lungo e in largo. Ma col tempo passano dall’altra parte della barricata. Picconano la passione con le loro verità occulte, la erodono alla base fino a farla ruzzolare nella polvere».

QUI LA SCRITTURA-SPARTITO di Sartori raggiunge il suo vertice di espressione e di sintesi. Siamo al Sesto movimento e veniamo interamente presi dalla sinfonia del suo discorso amoroso-fisico e antisentimentale, crudo ma compassionevole. Veniamo condotti verso l’epilogo di quest’avventura umana. Cogliere i prodomi. Settimo. Dobbiamo imparare l’arte di voltare pagina. Ottavo e ultimo movimento. La chiusura è un cerchio, il momento iniziale si ricongiunge col capo finale. Se riuscissimo ad anticipare il momento della caduta e del fallimento, più facile sarebbe rialzarsi. Il legame diventerebbe un quadrato stabile e presidiato.
La scelta del numero dei movimenti non è casuale: otto come i lati di una forma geometrica come l’ottagono, che mette in armonia, concilia, le passioni terrestri e le parole siderali, la circolarità dei corpi e l’angolosità dei pensieri. Dentro questa forma c’è speranza di restare attaccati. «Per arrivare a farlo alla perfezione, in modo da affrontare come si deve il futuro, c’è voluto del tempo (…) Si deve raggiungere l’indifferenza necessaria per fare posto a un altro dono, un vento di acque pure e delicate fioriture, ostinato e fragile, che legittimamente pretende ossigeno e silenzio». Queste otto lezioni, alla fine, ci hanno insegnato l’arte di separarci, ma senza mai perderci, l’altro o la nostra stessa anima.