Giorgia Meloni frena sulle voci -circolate ieri- che davano per fatte le candidature del centrodestra a Milano e Roma. Di chi si tratta? Di Enrico Michetti, avvocato e star di una radio locale della Capitale (proprio in quota Fratelli d’Italia) e Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, contattata direttamente da Salvini.

«Nomi interessanti come ce ne sono altri che sono arrivati», dice Meloni che sta pensando anche alla giudice Simonetta Matone. «Sicuramente un elemento positivo è che il centrodestra riesca ad essere attrattivo per persone che hanno una spiccata autorevolezza. Sono diversi i nomi che ci sono, per cui facciamo le verifiche e procediamo a scegliere il profilo migliore». «Siamo in dirittura d’arrivo», assicura la leader di Fdi.

IERI I VERTICI DEL centrodestra al gran completo si sono riuniti a Roma e, dopo mesi di rinvii, hanno deciso di rinviare ancora una volta le scelte al prossimo summit. Di certo, assicurano che si presenteranno insieme «in tutte le città al voto» e con candidati civici «rappresentanti del mondo del lavoro e delle professioni», recita un comunicato.

Per i nomi, dopo il doppio naufragio di Gabriele Albertini a Milano e Guido Bertolaso a Roma, tocca aspettare. Anche Racca mette le mani avanti: «L’ipotesi della mia designazione non ha alcuna concretezza, ma rappresenta senz’altro un riconoscimento per le farmacie e per tutti i farmacisti della Lombardia».

Salvini, a differenza dell’alleata-rivale di Fdi, pare assai più convinto dei nomi circolati: «Michetti e Racca di serie B? Non ci sono nomi di serie B, noi badiamo alla sostanza e non alla forma, quando parliamo di avvocati, docenti, farmacisti e industriali, che siano televisivamente conosciuti mi interessa poco».

SE RACCA FRENA, onorata ma prudente in perfetto stile ambrosiano, a Roma, dopo aver passato in rassegna ben due generali – Giovanni Nistri e Claudio Graziani (senza esito)- a destra l’ipotesi Michetti cresce. Soprattutto grazie alla “sua” Radio Radio, l’emittente dove da tempo fa l’opinionista. Si sbilancia il coordinatore regionale di Forza Italia Claudio Fazzone, e con lui l’Udc Antonio Saccone e Francesco Giro. Si buttano anche ex glorie del pallone come il romanista Roberto Pruzzo e il laziale Angelo Gregucci.

A TORINO LE DESTRE si sono già ritrovate sul nome dell’imprenditore Paolo Damilano, così a Napoli sul magistrato Catello Maresca. Ma sull’accordo finale pesa molto la lite tra Lega e Fdi sul Copasir, che non si è risolta dopo le dimissioni del presidente leghista Raffaele Volpi, con i leghisti che chiedono il reset totale del comitato sui servizi e frenano sul candidato della Meloni Adolfo Urso, accusandolo di eccessive simpatie per l’Iran. «Noi non abbiamo amici, siamo tifosi soltanto dell’Italia», replica Meloni, punta nell’orgoglio patriottico.

A SINISTRA INVECE LA NOVITÀ arriva da Napoli. Dopo mesi in cui il suo nome è rimbalzato per la carica di sindaco, ieri Roberto Fico ha tagliato i ponti: «Farò il presidente della Camera fino alla fine della legislatura», ha detto, chiudendo a ogni ipotesi di candidatura dopo il forfait dell’ex ministro Gaetano Manfredi, dovuto al rischio default del Comune e alla richiesta (per ora inascoltata) di un intervento del governo.

Se anche Manfredi dovesse restare sul no, il nome più favorito per l’asse Pd-M5S è quello del sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola, napoletano doc. Entro la settimana, assicurano fonti dem, «ci sarà una soluzione definitiva». De Magistris (che non fa parte della coalizione) insiste: «Il nome di Fico può unire».

PER IL DOPO APPENDINO a Torino, dopo il divorzio tra Pd e M5S, la sfida alle primarie del 12 e 13 giugno sarà a quattro. In pista ci sono il capogruppo Pd in Comune Stefano Lo Russo, il radicale Igor Boni, il vicepresidente del consiglio comunale Enzo Lavolta (Pd) e il civico di sinistra Francesco Tresso. Tutti hanno superato la soglia delle 4mila firme prevista dal regolamento. Con Lavolta si sono schierati i Verdi e Articolo 1, lui spiega: «Sono l’unico, e non da ora, pronto a lavorare per un’apertura verso i 5 Stelle, sono interlocutori più naturale di altri».

Sotto la Mole, Italia Viva e Azione di Calenda, dopo aver tentato di costruire un polo riformista sotto l’ala dell’ex sindaco Castellani, ora stanno flirtando direttamente col candidato del centrodestra Damilano. Ma è probabile che restino soli, rifiutati da tutti.