La convocazione è finalmente arrivata. Cgil, Cisl e Uil saranno questo pomeriggio alle 18 a palazzo Chigi dove Mario Draghi e Daniele Franco illustreranno loro la legge di bilancio che il consiglio dei ministri approverà giovedì. Con poco spazio per modifiche.

Le richieste di cambiamento dei sindacati si concentrano soprattutto sulle pensioni. Se per Draghi e Franco la riforma Fornero è «il regime ordinario» a cui si tornerà, per i sindacati serve una modifica strutturale che superi completamente il decreto SalvaItalia del 2011 con cui l’altro governo tecnico Monti rivoltò completamente il regime previdenziale.

MA CON I 611 MILIONI STANZIATI dal Documento programmatico di bilancio con decalage fino ad arrivare a soli 1,5 miliardi in tre anni «cambiare la Fornero» è pura utopia. E dunque l’unica cosa che Cgil, Cisl e Uil possono strappare a Draghi è una promessa di un intervento strutturale in futuro in base al criterio della flessibilità – uscita dopo i 62 anni e dunque 5 anni prima dei 67 (che ricominceranno presto ad aumentare grazie all’agganciamento con l’aspettativa di vita post Covid) della Fornero.

Lo «scalone» post Quota 100 è un problema marginale. La Fornero non se n’è mai andata e coloro che non potranno utilizzarla nel 2022 sono calcolati in sole 10 mila persone delle classi di età 1959 e 1960 che compiranno 62 anni. Il flop del provvedimento-bandiera di Salvini e della Lega è l’emblema di come in Italia si faccia propaganda sul tema previdenziale: solo 350mila pensionati in tre anni contro il milione previsto.
Il compromesso Lega-Draghi per ovviare allo «scalone» sarebbe in questi termini: uscita dal lavoro nel 2022 a 64 anni con 38 di contributi (Quota 102) per poi aumentare nei due anni successivi solo – questa la novità – i contributi, lasciando ferma l’età. Quindi si avrebbe Quota 103 nel 2023 con 64 anni di età e 39 di contributi e nel 2024 Quota 104 con 64 anni di età e 40 di contributi.

PROBABILE INVECE CHE DRAGHI apra all’allargamento dell’Ape Sociale, misura introdotta dal governo Gentiloni che consente a chi fa mansioni gravose di ottenere un anticipo della pensione dai 63 anni. Lo strumento finora ha funzionato ben poco perché i paletti richiesti per accedervi – imposti come sempre dalla draconiana Ragioneria generale dello stato – erano troppo stretti: 36 anni di contributi e lavoro notturno per 7 anni negli ultimi dieci. Esclusi quasi totalmente gli edili, moltissime domande respinte. Ora la commissione ministeriale guidata da Cesare Damiano ha proposto di allargare l’Ape social a 27 nuove mansioni. Benissimo: ma se i paletti rimarranno uguali, le persone che la otterranno saranno sempre poche e il dramma sociale provocato dalla Fornero rimarrà intatto.

Sulla pensione di garanzia per i precari che coprirebbe i buchi contributivi – chiesta a gran voce dai sindacati e che costerebbe pochissimo fino al prossimo decennio proprio perché i precari in pensione non ci andranno a breve – difficile che arrivi un impegno da Draghi.

LA STORTURA PRINCIPALE di Quota 100 è stata la penalizzazione delle donne: sono state solo il 20% a causa dei 38 anni di contributi richiesti, un livello altissimo per chi ha da sempre il peso dell’assistenza familiare di figli e genitori. Il Pd spinge anche per la proroga di Opzione donna, anch’essa in scadenza come Quota 100. Strumento inserito nel 2004 dall’allora ministro Maroni che permette alle donne di andare in pensione con 35 anni di contributi e 58 di età ma con il ricalcolo totalmente contributivo dell’assegno: un taglio del 30% per sempre. Ebbene, nel 2020 solo 14.500 lavoratrici lo hanno usato, pari al 2% dei pensionamenti totali femminili con un costo di soli 78 milioni. Insomma, anche in questo caso parliamo di uno strumento assolutamente marginale.

SUL TEMA DEL FISCO, L’IPOTESI che sia il parlamento a decidere come usare il fondo per il taglio delle tasse equivarrebbe a spostare temporalmente il problema. Cgil, Cisl e Uil chiederanno di utilizzare tutti i 8 miliardi per il taglio del cuneo fiscale sul lavoro a totale aumento delle buste paga, senza sgravi per le imprese.

Se i due grandi capitoli della manovra saranno così illustrati, il giudizio dei sindacati non potrà essere di certo positivo. Una mobilitazione sulle pensioni è probabile, al di là dell’appuntamento già definito per il 17 novembre con l’attivo unitario a Roma delle federazioni dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp che chiedono l’allargamento della 14esima con l’incremento dell’importo per chi già la riceve e l’adozione di un meccanismo più equo di rivalutazione».