L’ultimo testo scritto da Simonetta Spinelli nel novembre 2016 lo si può leggere sul suo blog (simonettaspinelli2013.wordpress.com) ed è dedicato a Daydanda, «figura mitica, eccessiva, debordante, ma anche empatica, rivoluzionaria, avvolgente, curiosa di quanto non conosce, pronta a sconvolgere i ritmi della sua esistenza affrontando il diverso da sé». Simonetta scrive di una meravigliosa aliena protagonista di un romanzo della scrittrice Judith  Merril ma sembra quasi scrivesse di sé: con la sua voce roca, la determinazione sempre rigorosa, il pensiero affilato e attento alle questioni nodali del pensiero femminista, la risata fragorosa, Simonetta Spinelli, scomparsa a Roma sabato 18 aprile è conosciuta da tutte proprio così, fin dalla sua partecipazione al collettivo romano di via Pompeo Magno negli anni Settanta, nell’impegno in prima persona nell’occupazione di via del Governo Vecchio e poi nel percorso per la realizzazione della Casa internazionale delle donne di Roma e nel Centro studi DWF.

HA SCRITTO saggi bellissimi sulla politica, sul lesbismo, sulla fantascienza femminista su «DWF» della cui redazione ha fatto parte dal 1985 al 1996, su «Towanda!» e per volumi che hanno costituito volta per volta occasione di discussione comune e rilancio di pensiero. Interventi in cui con la consueta lucidità e rigorosa analiticità Simonetta ha affrontato questioni ogni volta urgenti e anticipatrici di quanto poi si sarebbe discusso in anni successivi, da Monique Wittig a Audre Lorde, dallo spazio del desiderio e della passione alle derive del queer.
Donna lesbica femminista, così si definisce nel suo blog in uno splendido, pensoso, icastico e irriverente autoritratto, ci ha richiamato volta per volta a movimenti dinamici ma sempre limpidi nello svolgersi del percorso di conoscenza e a uno sguardo schietto su sé, sul mondo, sulla possibilità di cambiarlo a partire dalla grande stagione del femminismo e dall’esercizio del desiderio, del partire da sé insieme alle altre.

SEMPRE CURIOSA delle forme della comunicazione ci ha lasciato il suo blog e vi è da essergliene davvero grate, perché mentre si legge si sorride, a volte si ride, si riflette sempre, si pensa ancora e ancora, come quando scrive della sua esperienza di insegnante di diritto in un istituto tecnico industriale della periferia di Roma alle prese con la presenza di studenti appartenenti a lingue, culture, storie infinitamente diverse tra loro ma accomunate dalla medesima passione del vivere e da interrogativi imprevisti da cui si lascia volta per volta contagiare.
Scriveva bene Simonetta Spinelli perché la sua tessitura delle parole riesce sempre a mantenere stretto il rapporto tra la propria esperienza di donna lesbica femminista e il voler continuare a provare rabbia felice per il mondo in cui siamo ed è un vero piacere leggerla e rileggerla.

MA HA VISSUTO ancor meglio, desiderando e amando in piena libertà. E dalla sua libertà, di pensiero, di scrittura, di esistenza possiamo solo che continuare ad apprendere.