Nel 999 l’imperatore Ottone III di Sassonia, nell’ambito del suo progetto di renovatio imperii, decise di far nominare pontefice Gerberto d’Aurillac, da allora papa Silvestro II: sarebbe stato per Ottone ciò che Silvestro I era stato per Costantino, almeno nella leggenda colui che aveva spinto verso la fede il primo imperatore cristiano. Al di là del parallelismo un po’ forzato, non c’è dubbio che Gerberto fosse uno dei più grandi intellettuali del suo tempo; anche se restò papa soltanto fino al 1003, anno della morte, idealmente ci fa identificare la transizione fra primo e secondo millennio come un momento simbolicamente forte.

GERBERTO era nato in Aquitania, ad Aurillac, verso la metà del X secolo. Giovanissimo, era vissuto nel monastero di Ripoll in Catalogna, ai confini con il territorio controllato dai musulmani. Il monastero ospitava una grande biblioteca, i manoscritti arabi erano a disposizione dei monaci mozarabi in grado di leggerli. Più tardi era passato a Reims, dove la sua fama di maestro nelle arti del trivio e del quadrivio gli aveva procurato illustri allievi, e infine a Bobbio dov’era stato per breve tempo abate su nomina dell’imperatore Ottone II.

Costretto a lasciare Roma nel 1001 insieme con il suo imperatore, cacciato da un moto di ribellione cittadino guidato dagli aristocratici, poté farvi ritorno soltanto dopo la morte di questi a prezzo di un’umiliazione nei confronti dei nuovi padroni della città, i nobili della famiglia dei Crescenzi. Morì poco dopo, come detto nel 1003, chiudendo con una sorta di eclisse una magnifica carriera.

La fama del pontefice scienziato divenne oggetto di una trasfigurazione leggendaria. A questa, ma anche al contributo alla scienza e al ruolo di Gerberto nel rinnovamento che cominciava a investire la società cristiana, dedica un bel saggio Massimo Oldoni: L’incantesimo della scienza. Storia di Gerberto che diventò papa Silvestro II (Marietti 1820, pp. 190, euro 18). Gerberto d’Aurillac resta, per noi, una straordinaria figura di religioso, di politico, di scienziato.

La fama della sua cultura era diffusa fin da quando era giovane. Prediligeva la matematica e l’astronomia, andava alla ricerca non solo di libri, ma anche di strumenti per lo studio delle stelle, e insomma aveva della cultura una visione almeno in parte nuova, in un mondo nel quale essa era ancora considerata come lettura ed esegesi dei testi sacri. Già da Reims e poi da Bobbio, Gerberto aveva organizzato la ricerca, la raccolta, la copia, la circolazione degli antichi codici. Soprattutto nel campo dell’astronomia la sua opera, fondata sulla trasmissione araba del pensiero tolemaico, fu di grande importanza.

TROPPA SCIENZA poteva essere sinonimo di magia, di interessi illeciti, addirittura di un patto con il diavolo? È l’aspetto più affascinante della vicenda, che molto dice sul suo tempo, e che Oldoni dipana come in un romanzo.