Al povero Catone gli fu «sì cara che per lei vita rifiuta» e Dante lo sbatte in Purgatorio; non meno cara a Vallanzasca che per lei evade delle patrie galere una dozzina di volte; e Berlusconi che per far girare la patonza liberamente battezzò il suo Polo appunto «delle Libertà»? Ma è al genio di Giorgio Gaber che negli anni ‘70 scrisse la canzone «La libertà», che dobbiamo le parole più belle. Per chi non se le ricorda eccole qua, giusto qualche ritocchino per meglio accogliere lo spirito del tempo.

«Vorrei essere libero, libero come un uovo…
Come l’uovo che ho scagliato su Guartieri/ al suo comizio di chiusura,
come il sanpietrino in volo/ verso il celerino con la testa dura,
sempre libero e vitale/ manifesto come fossi un animale,
ignorante come un uovo/ strapazzato dalla troppa libertà.
La libertà/ non impiccare a un albero/
un negretto/ sbarcato dal barcone/
la libertà/ non è un razzista libero/
libertà/ è la devastazione/
Vorrei essere libero, libero come un uomo…
che va in moto senza casco/ ma se casca è colpa della Lamorgese,
che non ha arrestato a tempo/ quella macchia d’olio a terra e chi la fece,
e che dopo vuole entrare/ senza farsi ‘nu tampone in ospedale,
e nel vàttere i dottori/ ha trovato la sua nuova libertà.
La libertà/ non il passo del gambero/
quando avanza/ la Digos col bastone/
la libertà/ è un fascista libero/
Libertà/ è attacco col forcone/
Vorrei essere libero, libero come un virus…
che se esiste è solamente/ perché vive nella vostra fantasia,
siete come coni vuoti/ impilati servi lì in gelateria,
sempre pronti ad accettare/ l’altrui gusto pure se vi fa cagare,
come se una bella palla/ di gelato in testa fosse libertà.
La libertà/ non è un profilo tàmmaro/
non è neanche/ postare da coglione/
la libertà/ non è un nazista libero/
libertà/ è un forno crematore/ »