Nell’anno 1872 i senesi ebbero modo di ammirare un’opera di Cesare Maccari che era stata esposta e premiata a Roma due anni prima. Maccari era nato a Siena nel 1840 e nel locale Istituto d’Arte aveva dato le prove iniziali del suo sicuro talento.

Ebbene, entusiasti del dipinto, i maggiorenti della città si unirono in comitato con il proposito di sollecitare la Municipalità senese affinché richiedesse all’artista di illustrare un fatto dell’antica e gloriosa storia di Siena e il dipinto fosse degnamente accolto e sistemato nelle sale del Palazzo Pubblico. Malgrado il fervore suscitato dall’iniziativa, la commessa non fu mai disposta. Insorsero complicazioni, rinvii, forse questioni di costi. Ma, a ben guardare, chissà che motivazioni meno esteriori non abbiano determinato tale negligenza.

Che non sia stata, allora, una sottile, strana ragione che, ad un medesimo tempo, fece fiorire e rese vano il loro proposito, quasi fossero stati spinti da un indistinto bisogno, indotto, forse, da alcunché di indecifrato che stava loro di fronte e, pur tuttavia, male individuavano o appena distinguevano quanto più si sentivano giustificati e mossi a chiedere al Maccari di affrontare apertamente un tema esemplare della patria epopea. Apertamente: perché in una sua forma occulta, o per una via simbolica, la vicenda cruciale della storia di Siena il senese Maccari, in quel quadro, l’aveva già inconsapevolmente rappresentata.

Il dipinto di Maccari che tanto colpisce i suoi concittadini, è Un episodio della vita di Fabiola (olio su tela, cm 152×200; Siena, Collezione Chigi Saracini). La scena rappresentata è tratta dal romanzo di Nicolas Patrick Wiseman (1802-1865) Fabiola or the Church of the Catacombs (1854), ambientato nella Roma del terzo secolo dopo Cristo. Fabiola scopre al risveglio la schiava Sira uccisa nel sonno in vece sua. Dico che questa pittura poté suscitare, negli amatori d’arte di Siena, uno stato d’animo forse più fine e penetrante, al di là dell’emozione comunicata dalla scena luttuosa che rappresenta.

Si dà qui il caso di come una immagine non si esaurisca soltanto nella rappresentazione esplicita e diretta che raffigura, ma possa, nella modalità del turbamento, simultaneamente indurre una sua propria recezione ‘subliminare’, ‘spaesante’ e, pertanto, latrice di significati ulteriori. Una sensazione che si deposita e si ricompone eccedendo dalle mere coordinate visive per afferire ad una più profonda latitudine emotiva.
Il bianco e il nero sono i colori dell’insegna della secolare Repubblica di Siena, sconfitta dagli spagnoli e dai fiorentini dopo un lungo ed eroico assedio nel 1555. Da allora i senesi si sentono postumi, sopravvissuti alla loro grande storia di indipendenza e di libertà. Il bianco e il nero dello stemma di Siena, sono i colori dominanti di Un episodio della vita di Fabiola. Il letto è un cumulo di coltri candide mosse da Fabiola allorché, al suo risveglio, con orrore scopre la fanciulla con la quale s’era coricata, giacere immota nel sonno della morte, avvolta nei suoi vestimenti bianchi e neri. Il teso gesto di raccapriccio dell’una e l’abbandono greve dell’altra emergono simmetrici dalla medesima farragine di lenzuoli, tanto che le due teste, l’una riversa e l’altra levata, stanno tra loro nella posizione di una carta da giuoco che puoi girare senza che ne risulti alterato il significato.

Due atti simultanei incompatibili sul piano fisico, ma conciliati come la figura d’uno stato d’animo o la combinazione di un ragionamento. Maccari ha qui formulato l’immagine onirica di chi contempla esterrefatto la sua propria morte.
È questo lo stemma della drammatica vicenda storica di Siena. La tela di Maccari mostra ai senesi, alla maniera di un rebus, il tragico significato del loro mito storico. Hai qui, drammaticamente espressa nel tumulto dei neri e dei bianchi, la sua figura psichica rappresa in emblema.

Di fronte ai colori civici del patrio vessillo bianco e nero sconvolti e abbattuti, maggiorenti e ‘uomini letterati’ percepirono indistintamente che il suo quadro sulla storia di Siena Maccari l’aveva già dipinto. Per questo, credo, non dettero seguito alla loro proposta.