A Roma si producono troppi rifiuti. Le risposte al problema o sono strutturali – più difficili- o contingenti, in base alle necessità. Quando arrivai a Roma, dopo tre mesi, approvammo la delibera 47 del 2017, un indirizzo strategico chiaro, innovativo ed ambientalmente sostenibile.

Il cuore del nostro piano consisteva nel programmare a lungo termine, progettare modelli di sviluppo della raccolta differenziata, adatti ai territori e dotare Roma di una impiantistica per renderla autosufficiente, nell’ottica dell’economia circolare.

C’era bisogno di un grande cambiamento culturale e industriale. Tre erano i pilastri del nostro piano strategico Piano per la gestione sostenibile dei materiali post consumo 2017-2021:

1). Riduzione della produzione dei rifiuti di c.170.000 ton. , dieci azioni tra le quali togliere la plastica, usare l’acqua del rubinetto con una riduzione di 50.000 ton, un risparmio di costi di smaltimento ( 4.500.000 euro da reinvestire in riduzione delle tariffe e tutela ambientale).

2). Raccolta differenziata che, adattandosi al territorio con porta a porta, isole ecologiche, domus ecologiche, cassonetti intelligenti, progetto per le utenze non domestiche avrebbe portato al 70% di raccolta differenziata entro il 2021.

3) Il terzo pilastro era contenuto nel Piano industriale approvato dal Cda di Ama, ovvero la realizzazione di 13 impianti, per rendere autosufficiente Roma, in un’ottica di valorizzazione delle risorse(impianti per i Raee, impianti per il compost, per la gestione dei materiale tessili e sanitari, utili in edilizia come materiale isolante, impianti per il trattamento del residuo secco non riciclabile, fabbriche del riciclo, ecc.).

Con questo piano Ama dava concretezza al cosiddetto riciclo eco-efficiente che in Germania produce ogni anno posti di lavoro e fatturato miliardario, e rafforzava l’azienda. La dirigenza di Ama, tra le migliori del settore in Italia, aveva avviato una due diligence all’interno di un’azienda, abbandonata a se stessa, ma ricca di potenzialità e competenze, riportando la legalità nei processi, ottimizzandone la gestione aziendale, la logistica (ad esempio furono riaperte le officine per risolvere problema dei mezzi, ecc.).

Il presidente Bagnacani interveniva in ogni settore: gare, appalti sino alla creazione delle Ama di Muncipio, vicine al territorio ed ai cittadini. I risultati non tardarono: in pochi mesi abbiamo avviato un porta a porta per 310.000 ab, con ottime performance(70% di RD di media), dopo un accurato livello di analisi, per costruire un vestito su misura per ogni municipio. In soli due municipi avevamo scoperto più di 52.000 utenze fantasma, come se una città quale Pavia non pagasse la Tari.

Vi erano tanti fronti aperti, orientati a cambiare ed ottimizzare il modello di gestione del sistema di raccolta e il modello industriale di trattamento. A Roma ci sono 15 municipi, un solo municipio, il nono è grande come Milano. C’era bisogno di tempo. Ma quanto stavamo realizzando concretamente, in pochi mesi, costituiva una speranza per tutta Roma.

Mentre si introducevano sistemi innovativi nei municipi, si doveva continuare a gestire la città, tra mille difficoltà, segnalate sia dai lavoratori che dai sindacati con i quali avevamo costruito una cabina di regia permanente.

Accanto al nuovo porta a porta coesisteva un modello di gestione delle raccolte dei rifiuti eterogeneo, inefficiente ed inefficace, con una macchina spesso fuori controllo, foriera di disservizi giornalieri. Nonostante ciò abbiano superato la crisi dell’incendio del Salario, poi ci fu la fase dell’aiuto dell’Abruzzo, l’assenza di aree di trasferenza. Lavoravamo con uno sguardo incessante sul presente ed una visione per il futuro.

Penso che siamo stati fermati, perché facevamo sul serio. Chi ci ha fermato? La Giunta dell’8 febbraio con la Sindaca, Lemmetti e Giampaoletti. Perché è stato fermato un progetto di innovazione e cambiamento che andava nella direzione del civismo grillino, quello più progressista e aperto al nuovo? È più difficile da spiegare: non posso che fare delle constatazioni.

Senza darmi neppure tre ore per analizzare una delibera che non avevo letto e che non avevo contribuito ad elaborare e che avrei dovuto firmare, hanno poi atteso mesi e, a tutt’oggi non c’è attivo un Cda. In questo tempo avremmo realizzato il nostro cronoprogramma per Roma. Il problema o si risolve in modo strutturale oppure si risolve ritornando al passato- discariche ed inceneritori – e i nuovi designati non lasciano sperare nulla di buono, viste le dichiarazioni rilasciate.

È elevato il rischio di far riemergere la vecchia cultura nella gestione dei rifiuti. Dopo un anno e mezzo di lavoro, stavano prendendo corpo pianificazione e risanamento dell’azienda. Il percorso sarebbe stato lungo, ma vincente. La nostra impostazione era sostenibile e basata sul modello di economia circolare che è, a tutt’oggi, l’unica risposta, che crei lavoro e ricchezza. Dove non c’è questo, proliferano poteri forti, mafie di varia natura e quel che il nostro paese è abituato a conoscere, purtroppo.

*Ex assessora all’ambiente della giunta Raggi