Ruangrupa, il collettivo incaricato della curatela di Documenta XV, la maggior esposizione d’arte contemporanea che si svolge ogni cinque anni a Kassel, in Germania, è sotto inchiesta disciplinare da quando la mostra ha inaugurato, nel giugno scorso.

Dopo mesi di accuse di antisemitismo che hanno penosamente contribuito ad offuscare la potenza sovversiva proposta, lo scorso mese è stato nominato un Comitato di consulenza scientifica incaricato di esaminare i problemi e formulare raccomandazioni. Alcune delle conclusioni sono state pubblicate pochi giorni fa, suscitando l’immediata e pronta risposta dei curatori. Immediata è stata la reazione del collettivo. La lettera intitolata «Siamo arrabbiati, siamo tristi, siamo stanchi, siamo uniti» (tradotta in italiano da Griot Italia) racchiude i sentimenti che da mesi sembrano accompagnare la mostra. Dalla sua pubblicazione non cessa il numero dei firmatari. La Lumbung Community che Documenta15 ha attivato attraverso pratiche informali, collaborative, gioiose, inclusive, a volte caotiche, sempre orizzontali. Qualcosa che l’ ‘istituzione Europa’ non sembra essere pronta ad accogliere sul proprio territorio.

Ruangrupa collettivo

Il Comitato, e tutta l’intera vicenda, appare infatti una Commissione disciplinare incaricata di verificare che i valori etici e morali di superiorità occidentale vengano rispettati. L’asfissiante scrutinio a cui il team curatoriale da mesi viene sottoposto ricorda la forma con cui il corpo della signora Sarah Baartman veniva oltraggiosamente «analizzato» nel XIX secolo. Un contemporaneo «freak show» del mondo dell’arte nel cuore di uno dei paesi europei più attivo (soprattutto economicamente) nel promuovere l’industria culturale nel continente africano, e l’onda decoloniale in quello europeo. Documenta mostra in forma esplicita  le relazioni di potere che i processi decoloniali europei vogliono nascondere. Palesa il neo-colonialismo di molte di queste esperienze.

Due giorni dopo l’apertura della rassegna, l’opera People’s Justice del collettivo artistico indonesiano Taring Padi, è stata rimossa tra fischi e applausi in quanto accusata di esporre contenuti antisemiti. Il collettivo continua comunque a Documenta, presentando una retrospettiva di 22 anni di lavoro presso Hallenbad Ost, una piscina dismessa in un palazzo Bauhaus del 1929. L’archivio occupa 600metri quadri e include striscioni di grande formato, poster xilografici e wayang kardus (marionette di cartone a grandezza naturale). All’epoca della rimozione del grande murale, la ministra tedesca della Cultura e media, Claudia Roth, aveva dichiarato che la rimozione dell’opera avveniva in ritardo e che rappresentava un atto dovuto aggiungendo che questo «è solo un primo passo… altro deve seguire».

E infatti, a pochi giorni dalla chiusura di Documenta (25 settembre) è il Tokyo Reels Film Festival, un’opera video realizzata dal collettivo Subversive Film, che comprende clip di propaganda filo-palestinese dagli anni ’60 agli anni ’80, a finire sotto giudizio e condannato all’oscuramento. Nuovamente, la commissione ritiene il lavoro «altamente problematico (…), un film sovversivo, pieno di scene antisemite e antisioniste». Sottolineando, inoltre, come «i film rappresentino un pericolo maggiore rispetto all’opera People’s Justice, dovuto al loro potenziale effetto incitante». Il collettivo è accusato, quindi, di  favorire l’odio e fare apologia di terrorismo.

Ruangrupa si rivolge al Consiglio di amministrazione e agli azionisti di Documenta, tra cui la città di Kassel e la provincia di provincia di Hesse, usando nomi propri. Apre la lettera con la franchezza, la semplicità e umanità che caratterizza Documenta XV. Non nasconde la fragilità, ma conferma la determinazione che sta alle spalle del progetto. Fermamente denuncia non solo la censura, anche il processo disciplinare a cui i curatori sono sottoposti da mesi. Un processo che, infantilizzandoli, non ne riconosce le responsabilità e capacità. Non siamo lontani dalla missione civilizzatrice propria del progetto coloniale. Oltre a difendere le proprie scelte curatoriali, il c’è rifiuto del collettivo Ruangrupa: «Rifiutiamo la superiorità eurocentrica – e in questo caso specificamente germanocentrica – come forma per disciplinare, gestire e addomesticare. Veniamo qui come uguali. Veniamo qui al potere e veniamo qui per essere di dominio pubblico, senza nulla da nascondere o di cui vergognarsi» – si scontra con il dilagare di uno strumentale neo-colonialismo.

Anche il Comitato di selezione della direzione artistica di Documenta XV ha espresso pubblicamente il proprio appoggio, sottolineando come il duro lavoro e l’impegno straordinario del collettivo abbia permesso il pluralismo della manifestazione, offrendo a tutti l’opportunità di ascoltare, per la prima volta, tanta diversità di voci artistiche provenienti da tutto il mondo. Viene inoltre sottolineato «il diritto degli artisti e del loro lavoro di ripensare, esporre e criticare formule politiche e schemi di pensiero fissi».