I lavoratori dello spettacolo non la ricorderanno come l’estate della rinascita, arrancano con i bonus e (ancora di più) vivono nella totale incertezza, con chiamate last minute per una programmazione inflazionata da variabili sempre più complesse. Finché, come altrove, non si capirà che musica, teatro, circo o quello che si vuole intendere per spettacolo, producono un indotto, pil, per dirla alla maniera di chi tiene i fili. Tuttavia dove siamo, al Parco Massari di Ferrara, si respira finalmente l’atmosfera di un festival vero, con sold-out in tutte le cinque serate di Ferrara Sotto le Stelle. Da una parte potrebbe sembrare scontato, 1000 posti e tanta voglia di musica dal vivo, dall’altra è lo specchio di un evento peculiare. Venticinquesima edizione in una città cambiata politicamente, una storia gigante alle spalle, con ospiti come Bob Dylan nel ‘96, Lou Reed, Radiohead, Sakamoto, Sigur Rós, Lucio Dalla, Paolo Conte, una volta ospitati nell’incantevole Piazza Castello. Chiunque ci sia passato ricorderà i sanpietrini bollenti anche a tarda notte.

L’EDIZIONE firmata Corrado Nuccini ha volutamente un ascendente green e il vicino Parco Massari sembra il luogo predestinato, fra alberi secolari, tassi, cedri e platani. Seduti a terra con stuoie e tappeti, per continuare a fruire la musica ma attraversando la trasformazione (necessaria) del festival, che rivendica un contesto senza fronzoli e con artisti nostrani, come Iosonouncane, Massimo Volume, La Rappresentante di Lista, Mecna, Venerus, Laila Al Habash. Nuccini, oltre a essere chitarra e voce dei Giardini di Mirò, si è ritrovato la direzione lo scorso anno, nel peggior periodo possibile, vuole andare per gradi: «Un quarto di secolo per un festival è un traguardo. Organizzarlo ora richiede una visione pericolosa, i rischi sono moltiplicati all’ennesima potenza. È stata potenziata la sicurezza, ma è molto meno sicuro che arrivino gli artisti (erano previsti gli inglesi Shame ma sono stati sostituiti egregiamente dai Soviet Soviet, ndr). In Italia valutiamo un festival in base agli artisti, nei grandi festival non furono importanti i nomi ma l’identità, i colori, l’atmosfera condivisa con il pubblico. Ripartiamo senza egemonia delle line-up, dalla possibilità di un festival poco impattante, privo di sedie né troppo ferro, che indaga il contemporaneo, abbiamo cancellato ogni forma di revival, a parte i Massimo Volume, che sono però un mio feticcio (ride, ndr)».

L’approccio è quello di ottemperare un rinnovamento, creando un clima riconoscibile che, oltre ai concerti, permetta allo spettatore di trascorrere il tempo e vivere lo spazio in modo gradevole. Così come sembra qui a Ferrara, dove il pubblico arriva con calma, si gode le energie del parco, l’aria si rinfresca, è attento ai rifiuti, si sdraia in un ambiente conviviale: «Vogliamo sviluppare nei prossimi anni tre punti: il green come hai visto, l’inclusività e il digitale. Quando si parla di ideali in un’impresa creativa bisogna sempre accostarli ai maledetti denari, non si riesce senza investimenti. Vorremmo raggiungere una line-up 50% donne e 50% uomini, così come nello staff. Il digitale invece non riguarda lo streaming del lockdown ma la fruizione della comunicazione, curata su canali diversi, stiamo producendo un docufilm, il concerto di Iosonouncane è stato registrato e andrà su Lepidatv. Cioè promuovere un’impresa creativa che cresce e mai ripetitiva».

LA PRIMA SERA  Iosonouncane si esibisce in un palco oscuro, criptico come il suo ultimo lavoro, è tratteggiato da flash dietro di lui, esegue parte di Ira, Tanca e Buio dell’album Die, ma anche divagazioni noise che destrutturano, maciullano, e poi riprendono il filo. Dal vivo i suoni archetipi si fanno sempre più minacciosi. I Massimo Volume portano qui l’unica data estiva, Il nuotatore ha ratificato come il rock poetico abbia inciso nell’immaginario di vecchi e nuovi fan. Qui però va in scena soprattutto Cattive abitudini e la chiusura bis, con Il primo Dio. Sul prato si ripete sempre lo stesso rituale. Un silenzio surreale durante le canzoni. Le luci si accendono, il pubblico applaude, ne vorrebbe di più. Si ferma al chiosco per una birra e un panino a discutere di musica. I segni di una comunità ritrovata e rinnovata.