Non si è fatta attendere la reazione dei pasdaran iraniani all’uccisione del generale Mohammad Ali Allahdadi nel raid israeliano dello scorso lunedì a Quneitra in Siria. «I sionisti si aspettino fulmini devastanti», ha tuonato il capo delle guardie rivoluzionarie, il generale Mohammad Ali Jafari.

Non solo, in vista del protrarsi dei negoziati per il nucleare, dopo gli accordi energetici siglati con Mosca, Tehran sta rafforzando ulteriormente l’asse con la Russia di Vladimir Putin. L’accordo di cooperazione militare firmato ieri in Iran prevede una maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo, lo scambio di personale militare per le esercitazioni e un maggior uso reciproco dei porti. Come se non bastasse, pare risolto il contenzioso sulla sospensione della fornitura russa di cinque sistemi missilistici anti-aerei S-300, applicata in seguito a una risoluzione delle Nazioni Unite che ha imposto nuove sanzioni per il programma nucleare di Tehran. Il contratto era stato sospeso nel 2010 ma potrebbe presto tornare in vigore.

Ma il governo del presidente moderato Hassan Rohani è costretto anche a fronteggiare uno dei più sensibili abbassamenti dei prezzi del petrolio degli ultimi anni. La diminuzione dei prezzi del greggio ha causato, secondo il segretario del Consiglio per la soluzione delle Controversie, Mohsen Rezaei, una perdita che ammonta fin qui a cento miliardi di dollari. I media locali non fanno che ripetere quanto il prezzo del petrolio, intorno ai 45 dollari al barile, renda un litro di benzina più economico di una bottiglia di acqua minerale. Per il ministro del petrolio, Bijan Namdar Zanganeh non ci sono dubbi, si tratta di un complotto politico di Stati uniti e Arabia Saudita per danneggiare le economie iraniane e russe. Ma gli ayatollah conservatori, tra cui Abdollah Javadi Amoli, controbattono ricordando che la stabilità del paese non sia dipendente solo dagli introiti per la vendita del petrolio.

Eppure i finanziamenti di progetti nel mercato petrolifero sono fermi da un anno e gli imprenditori iraniani del settore rivolgono l’attenzione all’estero per attrarre nuovi investimenti. Per questo la Compagnia nazionale del gas ha iniziato negoziati con la Japan Mitsubishi Engineering and Energy e le compagnie Sud Coreane Samsung e LG per la costruzione di nuove raffinerie e pipelines in Iran. Anche il vicedirettore della Iranian Oil Refining and Distribution Company (Niordc), Shahrokh Khosravani ha annunciato la firma di un accordo con le autorità cinesi per il finanziamento di una delle più grandi raffinerie del paese.

Dopo il rinvio del novembre scorso a Ginevra, sono ripresi in Svizzera anche i colloqui tra i paesi del Consiglio di sicurezza con la Germania (P5+1) e l’Iran per raggiungere un accordo sul nucleare. Il segretario di Stato Usa, John Kerry ha avuto nei giorni scorsi un lungo bilaterale con il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif. Eppure il Congresso Usa sarebbe pronto ad approvare nuove sanzioni contro l’Iran che potrebbero mettere una pietra sul negoziato. Tuttavia, il presidente Usa, Barack Obama si è detto pronto a porre il veto contro nuove sanzioni, volute dal Congresso a maggioranza repubblicana, che intensifichino l’embargo contro Tehran