Nfl, razzismo, omofobia, misoginia. Il copione si ripete da anni nella lega del football americano, ma stavolta il caso è ancora più esplosivo: il coach dei Las Vegas Raiders, Jon Gruden, è stato costretto a dimettersi, travolto da una bufera di accuse legate a offese di carattere razziale verso donne e omosessuali. Lo scandalo è partito dal New York Times, che nei giorni scorsi ha riportato l’esistenza di una serie di mail inviate da Gruden al proprietario degli Washington Football Team tra il 2011 e il 2018, quando l’ex coach di Las Vegas era uno degli opinionisti sulla Nfl per il network Espn. Ma la faccenda si è ulteriormente complicata per Gruden con le rivelazioni del Wall Street Journal, secondo cui sarebbe stato utilizzato un linguaggio offensivo in un’altra mail di dieci anni fa, con il direttore esecutivo della Nfl Players Association, De Maurice Smith descritto così: «Ha le labbra grandi come pneumatici Michelin».

GRUDEN si è scusato pubblicamente, spiegando di non ricordare il contenuto di quella mail. Ma, come riferito da Espn, sono state registrate espressioni omofobe anche nei confronti di Michael Sam, che è stato il primo giocatore della lega del football a dichiararsi omosessuale. Sam, scelto al draft Nfl nel 2014 ha deciso di fare coming out in un’intervista al New York Times e poi, uscito dal giro della Nfl, trovò un contratto in una lega minore. Le accuse a carico dell’ex allenatore dei Las Vegas Raiders non sono finite, in altre mail rinvenute ci sarebbero diverse offese alle donne-arbitro della Nfl e anche commenti di pessimo gusto su presunti atleti omosessuali all’interno della lega. Una serie di fattori ed elementi che ha obbligato Gruden alle dimissioni. Un gesto che costa caro: Gruden era conosciuto nel microcosmo della Nfl come mister 100 milioni, dopo aver siglato un accordo decennale con Las Vegas da 100 milioni di dollari. «Amo i Raiders e non voglio essere una distrazione. Grazie a tutti i giocatori, gli allenatori, lo staff e i fan di Raider Nation. Mi dispiace, non ho mai voluto ferire nessuno», è stato il commento di Gruden. La questione è ancora più spinosa perché l’unico atleta apertamente omosessuale della Nfl, il difensore Carl Nassib, gioca con i Las Vegas Raiders.

IN VERITÀ il razzismo e la Nfl vanno a braccetto praticamente da sempre ma negli ultimi anni l’attenzione è salita parecchio dopo l’inginocchiamento durante l’inno nazionale di Colin Kaepernick, lanciatore dei San Francisco 49ers che cinque anni fa inaugurava quel gesto che è stato poi mutuato in altri sport, dal basket alla F.1, fino al calcio europeo, che è stato poi uno dei semi che ha portato alla nascita del movimento Black Lives Matter.
Kaepernick da allora non ha più trovato squadra pur diventando un’icona per i diritti civili e lo scorso anno, poco dopo la morte di George Floyd a Minneapolis, il commissioner della Nfl, Roger Goodell, si è scusato per la chiusura della lega ad accogliere le proteste degli atleti contro il razzismo.