Non è «un’evasione» di massa e non è «una resa da parte dello Stato», checché ne dicano leghisti, grillini, dipietristi o fratelli camerati. Con il via libera definitiva del Senato, da ieri è legge il decreto Cancellieri sulle carceri che andava in scadenza dopodomani, ma di sicuro – come fanno notare Sel, che ha votato contro, ma anche magistrati e garanti dei detenuti – non basterà per riportare la popolazione penitenziaria nei limiti legali entro il 28 maggio, deadline imposta all’Italia dalla corte di Strasburgo dopo la sentenza Torreggiani, pena una mezza finanziaria necessaria per coprire il salasso dei potenziali risarcimenti. La maggioranza di governo a Palazzo Madama ha ottenuto per la conversione 147 sì, con 95 voti contrari animati dai cartelloni della Lega che vaneggiava di «Ottomila delinquenti fuori di galera grazie allo Stato».

A spiegare che nella nuova legge «non è previsto alcun automatismo generalizzato nella liberazione anticipata speciale» (che sale da 45 a 75 giorni ogni sei mesi di reclusione in carcere, da calcolare nell’arco di tempo 2010-2015), è lo stesso sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri: «La valutazione spetta al magistrato di sorveglianza che dovrà verificare se il condannato continua a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione». Esclusi in ogni caso alcuni gravi reati come mafia, violenza sessuale, terrorismo, tratta di persone, prostituzione minorile, sequestro, associazione per narcotraffico, ecc., per i quali non si può neanche applicare la detenzione domiciliare prevista nella legge come disposizione permanente per coloro che devono scontare fino a 18 mesi di pena (anche residua). A tutti potrà essere invece concesso, sempre su decisione del giudice di sorveglianza e anche dopo un eventuale periodo di osservazione, l’affidamento in prova ai servizi sociali, purché si abbia da scontare fino a 4 anni (anche residui). Pene alternative che nella maggior parte dei casi saranno corredate da un braccialetto elettronico, strumento di controllo che la legge ora impone di prescrivere al giudice, il quale dovrà invece motivare l’eventuale decisione contraria. Diventano poi fattispecie autonoma i reati di lieve entità legati allo spaccio di stupefacenti, anche se la norma è ormai in parte superata dalla sentenza della Consulta che ha annullato la legge Fini-Giovanardi. Novità anche per i detenuti stranieri (circa il 35% della popolazione carceraria): si amplia la gamma dei reati, comprendendo il testo unico sull’immigrazione, per i quali si può applicare l’espulsione come misura alternativa al carcere (purché con pena inferiore ai 2 anni). Sul versante dei diritti, invece, il passo avanti è notevole con l’introduzione del collegio (3 membri) del Garante nazionale dei detenuti, anche se le modalità di nomina (dal ministero di Giustizia) non convincono molti.

Eppure ci sono giudici, come il presidente del Tribunale di sorveglianza dell’Emilia Romagna, Franco Maisto, che spiegano anche che la nuova legge non è affatto sufficiente per scendere alla soglia dei 37 mila posti letto oggi regolamentari, entro il 28 maggio. Sui magistrati di sorveglianza, infatti, si riverserà per effetto della nuova legge una mole di lavoro difficile da smaltire senza una «una visione sistemica della gestione», dice Maisto, e un investimento sul personale. Nel distretto di Bologna, per esempio, – racconta il presidente del Tribunale dove pendono attualmente 1.677 istanze per la liberazione anticipata speciale – sono in servizio 6 magistrati al posto di 9, mentre per il personale amministrativo lo scoperto supera addirittura il 40%.

A questo punto però – sottolinea il senatore Pd Luigi Manconi che annuncia a breve un suo disegno di legge ad hoc come suggerito dal professor Giovanni Maria Flick nell’intervista sul manifesto del 12/2 –è indispensabile una legge che permetta il ricalcolo delle pene dei condannati in carcere con sentenza definitiva sulla base dell’incostituzionale Fini-Giovanardi.