Si è concluso senza incidenti il corteo dei Si Cobas a Roma, quello su cui le forze dell’ordine avevano puntato la maggiore attenzione per il rischio di possibili infiltrati violenti. La manifestazione, indetta contro il Jobs Act e le politiche del governo Gentiloni, oltre ai sindacalisti ha visto sfilare studenti, molti immigrati, i movimenti per la casa e alcuni centri sociali. Questi ultimi sono stati fatti accomodare in coda, mentre a reggere gli striscioni di apertura sono stati i militanti di base e alcuni migranti, a sottolineare il carattere antifascista e antirazzista della protesta. Tra le cinque e le dieci mila le persone in piazza.

IL SERVIZIO D’ORDINE blocca due ragazzi che distribuiscono volantini di Potere al popolo: «Non vogliamo simboli politici». Pronta la risposta: «Però ci chiamate per i picchetti del Si Cobas e ci prendiamo anche le denunce».

«Siamo quasi diecimila. Questa piazza sintetizza 10 anni di lotta. Ci sono metalmeccanici della Fiat, disoccupati di Napoli, i centri sociali, i movimenti per la casa», ha spiegato uno dei sindacalisti del Si Cobas dal megafono. «Qui oggi ci sono tutti quelli che in questi anni hanno resistito. E soprattutto un nuovo movimento operaio che respinge i movimenti xenofobi e razzisti».

«ARRESTI, DENUNCE E LEGGI antisciopero non ci fermeranno: Nabil vive nel cuore di chi lotta», recita lo striscione di apertura. È dedicato a Nabil Elarchi, morto a soli 28 anni nel settembre scorso, in un incidente stradale. Il ragazzo è diventato quasi un simbolo per i Si Cobas, per le lotte portate avanti nel modenese, dalla vertenza Levoni alla Tnt. Il sindacato è molto radicato proprio nel settore della trasformazione alimentare e del facchinaggio, dove i migranti sono tanti e le false cooperative spadroneggiano e sfruttano i più deboli.

Il corteo ha sfilato da Piazza dell’Esquilino a Piazza Venezia, ma ci ha messo un po’ a ingrossarsi perché i pullman provenienti da fuori Roma sono passati dal filtro della polizia, e i controlli ne hanno rallentato l’arrivo. Gli organizzatori hanno poi fatto sistemare i centri sociali provenienti da Torino e Bologna in fondo: «Il nostro deve essere un corteo pacifico», il mandato.

«SIAMO ANZITUTTO UN movimento anticapitalista – spiegano gli organizzatori – Conosciamo le condizioni di chi lavora ed è sfruttato, di chi lotta per la casa, di chi è disoccupato, dei migranti. Vogliamo rimettere al centro le ragioni di chi anima le vertenze negli stabilimenti, degli studenti che non possono rassegnarsi a un futuro precario – urla ancora il megafono dei Si Cobas – Ci dicono che i soldi non ci sono, che il lavoro ce lo rubano gli immigrati: noi sappiamo invece che è colpa delle loro guerre di rapina, non degli immigrati».

Il tema dei migranti è ovviamente sentito non solo perché molti iscritti e militanti vengono da altri paesi, ma per i recenti episodi di razzismo: i Cobas, in polemica con la manifestazione di Anpi e Cgil – dove hanno sfilato anche esponenti del Pd, di Leu, lo stesso premier Gentiloni – rivendica di essere portatore del «vero antifascismo». «L’antifascismo non è quello di Matteo Renzi o della manifestazione di Anpi e Cgil. Quello vero si fa davanti alle fabbriche, si fa nei quartieri con la lotta, si fa con una reale attenzione per i migranti».

IL CORTEO VIVE MOMENTI di difficoltà però quando alcuni manifestanti sfilano con il volto coperto da sciarpe e cappelli. Lungo via dei Fori Imperiali vengono fatti esplodere diversi petardi e accesi fumogeni. Alcune bombe carta vengono lanciate nell’area archeologica.

Attimi di tensione, con qualche spintone, si registrano in testa al corteo: un gruppo proveniente da Piacenza vuole avanzare esponendo uno striscione «Mustafa libero», dedicato a un ragazzo arrestato a Piacenza dopo gli scontri della scorsa settimana; viene però invitato a restare indietro.