La «flessibilità in uscita» in tema di pensioni è farina del suo sacco. Già due anni fa Cesare Damiano presentò una proposta di legge per «rendere flessibile» la riforma delle pensioni Fornero, compagna di scuola all’istituto per ragionieri a Torino.
Damiano, il neo presidente dell’Inps Tito Boeri ricalca la sua proposta di mandare in pensione in anticipo con un assegno decurtato per risolvere il problema esodati. E perfino il ministro Poletti non lo esclude. Come si sente ad aver ragione con due anni di ritardo?
Boeri ha ripreso la proposta di cui sono primo firmatario relativa alla possibilità di andare in pensione dai 62 anni e 35 anni di contributi con una decurtazione dell’8 per cento annuo a calare di due punti fino agli attuali 67. In più ha precisato che con il metodo contributivo è più facile rendere elastico il sistema. E in questo senso da tempo la commissione Lavoro della Camera ha proposto di estendere a tutti ciò che il ministro Maroni ha previsto per le sole donne: andare in pensione con 57 anni di età e 35 di contributi con il calcolo completamente contributivo.
Due anni sprecati allora? Perché per il governo finora «la bomba sociale delle pensioni» non era una priorità?
Diciamo che il governo ne ha avute altre. Purtroppo in questi due anni l’unico spazio che si è aperto è quello per le sei salvaguardie degli esodati, senza riuscire mai ad arrivare ad una misura strutturale che eliminasse le storture della riforma Fornero.

Boeri però sottolinea subito come il problema sia la copertura di questa misura. I risparmi della Fornero sono serviti a tamponare il debito pubblico e non si possono toccare senza il via libera dell’Europa. Come risolvere il rebus?
I risparmi degli effetti della riforma Fornero dal 2020 al 2050 sono nell’ordine di 300 miliardi. Noi proponevamo di finanziare la flessibilità con quei risparmi. La Ragioneria generale ci disse di no. Allora come commissione Lavoro proponemmo coperture che si fondavamo sulle entrate dai giochi e sulla lotta all’evasione. E la Ragioneria ci ha detto ancora no. Osservo però che quando il governo ha usato le stesse coperture, giochi e lotta all’evasione, per la legge di stabilità, la Ragioneria ha detto sì. La Ragioneria cambia idea a seconda dell’interlocutore.

Poletti parla di una soluzione per la legge di stabilità: un tempo ragionevole?
Le correzioni che proponiamo costano all’incirca alcuni miliardi l’anno. A noi non importano gli strumenti, importa arrivare al risultato. L’orizzonte temporale della legge di stabilità è ragionevole.

Il governo pare considerare più opzioni assieme alla sua flessibilità: anticipo sulla pensione, agevolazione a chi è vicino alla pensione. Le ritiene percorribili?
In realtà Poletti sembra preferire queste due soluzioni. Ma entrambe (un ammortizzatore sociale per chi è a due anni dalla pensione e prestare soldi che verranno ridati quando uno avrà la pensione) non sono risolutive del problema. Mi batterò per la flessibilità in uscita sapendo che anche i sindacati unitariamente hanno avanzato una proposta simile.

Possiamo dire che in Boeri ha trovato un alleato politico nella battaglia sulle pensioni?
Io lo devo ancora incontrare. Ma constato che sulle pensioni ha alcune opinioni preoccupanti, prima fra tutte quelle di tagliare l’assegno alle pensioni in essere per il solo fatto di essere calcolate col retributivo…

…Non è d’accordo a mettere un tetto trovando fondi per alzare le pensioni dei giovani?
Certo che sono d’accordo. E ho già proposto anche questo. Ma l’asticella è a quota 5mila euro mensili, sommando tutti gli emolumenti pensionistici. Diversamente si andrebbero a colpire anche i lavoratori che hanno sudato il salario per una vita.

La vergogna esodati non è ancora risolta. Possiamo stimare quanti sono gli esclusi dalle salvaguardie? In realtà il numero di coloro che hanno già avuto la pensione è molto più basso dei 171mila salvaguardati.
Le stime sono sempre aleatorie, basti pensare ai 393mila che azzardò l’Inps su richiesta della Fornero. Gli esodati che hanno ricevuto l’assegno sono circa 80mila ma perché molti raggiungeranno i criteri fissati solo nel 2020.

Passiamo al Jobs act. Il governo non ha ascoltato i vostri pareri ed è stato criticato dal presidente della Camera e dal capogruppo Pd Speranza. Crede che sui prossimi decreti, a partire dagli ammortizzatori sociali, la musica cambierà?
Me lo auguro, ma non ho molta fiducia in Renzi. Sul decreto ammortizzatori mi aspetto molti problemi, ma cercheremo, come sempre, di migliorarlo.

Per adesso i risultati che portate a casa sono pochi. Contro il Jobs act la Cgil non esclude il referendum.
Se sui licenziamenti collettivi non abbiamo ottenuto niente, sul demansionamento a parità di salario e sul controllo a distanza limitato alle sole macchine rivendico i risultati della minoranza che ha trattato. Chi è uscito dall’aula non ha ottenuto niente. Quanto al referendum è una decisione sindacale. Mi limito ad osservare che in fatto di licenziamenti collettivi i rilievi di costituzionalità mi paiono non infondati.