Finale con fuochi d’artificio per il decreto milleproroghe ieri al senato. Il provvedimento doveva essere approvato entro il 23 settembre e per questo alla camera, dopo l’ostruzionismo del Pd e una seduta di quasi 24 ore, il governo legastellato aveva squadernato il suo primo voto di fiducia. Con buona pace della lunga letteratura grillina contro la compressione della discussione d’aula. Alla fine i sì sono 151 e i no 93.
Il decreto contiene i provvedimenti più svariati, nella tradizione delle peggiori performance parlamentari. Election day per le province il 31 ottobre, 5 milioni per le zone sismiche, estensione in alcune aree delle risorse già stanziate per gli ammortizzatori sociali in deroga. Ma il core business sono i vaccini e le periferie. Sui vaccini, slitta a marzo 2019 l’obbligo di presentare la documentazione delle avvenute immunizzazioni per i bambini della scuola materna e dei nidi. Dopo retromarce e giravolte torna l’originario no vax: i genitori dovranno produrre un’autocertificazione, come stabilito dalla circolare Grillo-Bussetti.

Quanto agli investimenti sulle periferie, stralciato il miliardo e 600 milioni previsti dal bando varato dai governi Pd. Durissima la reazione dell’Anci, l’associazione dei sindaci: «Non abbiamo trovato riscontro all’impegno che aveva preso con noi il presidente del consiglio Conte nell’incontro dell’11 settembre», tuona il presidente De Caro, sindaco di Bari, annunciando la rottura delle relazioni con il governo. «Torneremo a quei tavoli solo quando il percorso per restituire ai sindaci il miliardo e seicento milioni sottratti, si vorrà avviare davvero». Conte ha promesso quei soldi in un provvedimento successivo, che però non è all’orizzonte.
In aula l’opposizione si fa sentire. I dem chiedono il voto segreto sull’art.6. quello dello slittamento dell’obbligo vaccinale, sperando in un ravvedimento operoso dei leghisti. La presidente Casellati non lo concede. Più tardi gli uffici esibiranno i precedenti che, a parere della presidenza, legittimano la decisione. Ma dai banchi del Pd parte la contestazione. Il capogruppo Marcucci: «È un colpo alla democrazia».

Al momento delle dichiarazioni di voto invece i dem schierano quella la loro artiglieria pesante, l’ex segretario Matteo Renzi, che ha perso tutte le elezioni che poteva ma non la grinta: attacca il rinvio dell’obbligo vaccinale che si abbatte «innanzitutto sui bambini con problemi di salute», «Avete scelto di fare i no vax con i figli degli altri », dice, in un testo fatto scrivere «non dai medici ma dagli sciamani», «una pagina di medioevo». La grillina Maiorino lo attacca: Renzi «si palesa in aula per deliziarci con i suoi comizi. Non potendoli più tenere in piazza senza rischiare la pelle». I dem denunciano: contro il senatore di Lastra a Signa «minacce di linciaggio» che Casellati ha redarguito «in modo molto blando».