Ora che il tema delle unioni civili è stato rimesso al centro del dibattito politico dal segretario del Pd, è importante cogliere l’occasione affinché si parli delle libertà e dei diritti concretamente in gioco, invece di limitarsi alle alchimie di potere nei rapporti tra i partiti. E’ fondamentale esigere che nel dibattito parlamentare, ma anche in quello che coinvolge decine di milioni di cittadini – cioè quello nei Tg e nelle trasmissioni di prima serata- sia presente ed abbia spazio anche la proposta di chi chiede l’eliminazione di ogni forma di discriminazione all’interno del diritto di famiglia.

Nel corso della sedicesima Legislatura, per iniziativa partita da associazioni e dal mondo del volontariato, un comitato di esperti coordinati da Bruno De Filippis esperto di diritto di famiglia, elaborò una complessiva riforma del libro primo del codice civile (persona e famiglia), sfociata nel Ddl 2263, presentato al Senato e nel Pdl 3607 presentato alla Camera. Il lavoro, destinato a disegnare il diritto di famiglia «per gli uomini e le donne del nostro tempo», si sta dimostrando fonte di infiniti riferimenti, nel momento in cui tematiche da lungo tempo trascurate sono divenute, per scelta o per necessità (come nel caso di obblighi imposti dall’Europa), attuali e devono essere oggetto dell’attività del legislatore.

Ciò è avvenuto per la parificazione di figli legittimi e naturali, oggetto della legge 219 del dicembre 2012 e per argomenti, come le unioni civili, il testamento biologico e la procreazione assistita di cui si torna giustamente a parlare. Da ultimo, è avvenuto per il problema del cognome dei figli.

La Corte Europea ha affermato (ma vi era bisogno di una sentenza?) che il regime in uso in Italia viola il principio di parità dei coniugi. Il governo si è affrettato a presentare una proposta non per operare una vera riforma della materia, ma per “tamponare” il problema, trovando un sistema per mettersi a riparo da condanne europee cambiando il meno possibile le nostre leggi. Soluzioni di tal sorta furono adottate, in passato, per l’adozione da parte dei single, obbligatoria per l’Europa, ma solo fintamente adottabile in Italia.
I tempi sono invece maturi per riformare, in senso sostanziale, la normativa. Sulla questione sollecitata dalla Corte europea sul cognome della madre, le proposte depositate in Parlamento prevedevano l’attribuzione al figlio dei cognomi di entrambi i genitori, attraverso un cognome doppio, con trasmissione alla generazione successiva di uno solo di essi, sulla base di libera scelta o, in mancanza, di automatismi tali da far sì che ogni persona risultasse avere sempre due cognomi (e non più di due), uno derivante dal ramo paterno ed uno dal ramo materno.

I sondaggi dimostrano che i cittadini sono pronti ed aspettano una stagione di riforme. Se si chiede agli italiani se la regolamentazione delle unioni civili sia più urgente di misure economiche a sostegno del lavoro, certamente solo una minima percentuale risponde in senso affermativo. La domanda giusta, però, non è se fare l’una o l’altra riforma, ma se farle entrambe.

La proposta è dunque quella di riprendere il lavoro del Ddl 2263 e della Pdl 3607 e, senza attendere che i tribunali europei impongano obblighi, assumere l’iniziativa di riformare l’intero diritto di famiglia e della persona, partendo dal matrimonio e dal divorzio. Sul primo punto già in agenda, quello delle unioni civili, va preso atto che le coppie dello stesso sesso sono escluse dai diritti e doveri collegati al matrimonio, e che il matrimonio stesso non risponde a tutte le esigenze che si possono manifestare nella coppia, sia etero che omo. E’ indispensabile eliminare questa discriminazione e questa rigidità, da un lato creando anche nuove e più flessibili forme di unione (sul modello dei Pacs francesi), dall’altro aprendo alle coppie dello stesso sesso l’istituto matrimoniale.

Sarebbe utile costituire un Comitato di studio parlamentare. Sulle unioni civili ci ha pensato il Papa a disimpegnare il vaticano da un'”ossessione” che ha paralizzato su posizioni clericali tanta parte della politica italiana negli ultimi decenni. Anche questo è un segnale importante che ci indica che è arrivato il momento di provvedere.