«Il presidente è stato molto chiaro e mi hanno fatto particolarmente piacere alcune sue frasi sul passato. Speriamo che sia effettivamente il passato». Al Quirinale, Pietro Terracina, uno dei sopravvissuti di Auschwitz, commenta così il discorso di Sergio Mattarella per il giorno della memoria. Il presidente della Repubblica alla condanna dei crimini della storia ha aggiunto un deciso avvertimento per il presente.

La cerimonia si è svolta ieri perché il giorno della memoria – 27 gennaio, anniversario dell’aperture dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata rossa sovietica (le «truppe russe» nel discorso di Mattarella) – cade quest’anno di sabato, giornata del riposo per gli ebrei. Oggi il capo dello stato è impegnato con l’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione. Mattarella aveva in qualche modo anticipato il suo richiamo al valore della memoria – «un antidoto indispensabile contro i fantasmi del passato» – nominando la settimana scorsa senatrice a vita Liliana Segre, anche lei sopravvissuta e testimone dell’olocausto.
«Tutte le vittime dell’odio sono uguali e meritano uguale rispetto, ma la Shoah per la sua micidiale combinazione di delirio razzista, volontà di sterminio, pianificazione burocratica, efficienza criminale, resta unica nella storia d’Europa», ha detto Mattarella. Per la prima volta il capo dello stato ha voluto invitare anche il rappresentante della comunità dei rom, sinti e camminanti. «Speriamo che il passato non torni mai – ha detto Terracina – non temo per me o per i miei correligionari, temo

invece per altre minoranze che sono ancora a rischio».
Con parole mirate, Mattarella ha demolito il mito degli italiani brava gente e della dittatura lieve. «Sul territorio nazionale il regime fascista non fece costruire camere a gas e forni crematori. Ma il governo di Salò collaborò attivamente alla cattura degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro deportazione verso l’annientamento. Le misure persecutorie – ha aggiunto – la schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro favorirono enormemente l’ignobile lavoro dei carnefici delle SS». Mattarella ha ricordato l’ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, «ideate e scritte di pugno da Mussolini, trovarono a tutti i livelli delle istituzioni della politica, della cultura e della società italiana connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza».

Di rara nettezza la condanna del fascismo: «Con la normativa sulla razza si rivela al massimo grado il carattere disumano del regime fascista … dopo aver soppresso i partiti, ridotto al silenzio gli oppositori e sottomesso la stampa, svuotato ogni ordinamento dagli elementi di democrazia, il fascismo mostrava ulteriormente il suo volto». «E per questo sorprende sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione. Perché razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza».
In conclusione, Mattarella ha detto che «focolai di odio, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo sono presenti nelle nostre società. Non vanno accreditati di un peso maggiore di quel che hanno ma sarebbe un errore capitale minimizzarne la pericolosità».