Persona è un franchise oramai classico nel mondo videoludico. Persona 5 Royal, cioè il segmento più recente del progetto, non fa eccezione. Tenendo conto del solito impiego di diverse forme di comunicazione nella diffusione del prodotto – quel che in gergo, in sintesi, si chiamerebbe media mix – gli episodi anime sembrano di qualità inferiore alla produzione animata legata al videogioco precedente. Tuttavia, fra i suoi pregi, Persona 5 mostra un design dei personaggi in cui il loro creatore, Shigenori Soejima, fa risaltare alcuni tratti facendoli diventare caratteristiche più interessanti rispetto al lavoro del passato, caratteristiche degne di un ragionamento al di là del campo specifico della loro applicazione e a cui chiunque si occupi di arti visive dovrebbe interessarsi.

Il personaggio è nel dettaglio
Su YouTube è possibile fruire di alcuni video in cui Soejima spiega un po’ del suo lavoro legato a Persona. Fra questi, val la pena prendere come riferimento quello rilasciato sul canale di GameSpot (https://www.youtube.com/watch?v=mb8EMQi1jpI), dal momento che l’argomento è Persona 5 Royal e – nello specifico – la creazione del nuovo personaggio di Kasumi Yoshizawa.

Parlando del suo metodo, Soejima dice sostanzialmente che ha sempre bisogno di un qualcosa che valga come traccia o momento iniziale per dare corpo all’idea. E fin qui niente di particolare. Però quando il discorso si sposta sul dato specifico, e cioè Kasumi, acquista una risonanza più profonda. Racconta infatti di come a dare il via allo sviluppo complessivo di quella figura sia stata una immagine ben specifica, un dettaglio particolare: la coda di cavallo di una capigliatura femminile, vista da dietro. Non un modello di una persona reale dunque, né quello di un tipo sociale o altro. A questa considerazione se ne può poi aggiungere un’altra, che il nostro dice sempre nel video ma qualche minuto dopo, e che ha un taglio più generale. Soejima sottolinea il fatto che, quando nel gioco vediamo un personaggio, l’impressione che si riceve è basata sulla relazione fra i suoi occhi e la sua frangia, per cui sono certi interventi all’uno o all’altro elemento a poter suggerire questo o quel carattere alla fisionomia.

Qui, piaccia o meno, quanto detto nel suo complesso dal character designer è, in senso lato, qualcosa che ha grande affinità con certi discorsi estetici «alti». In particolare, fa pensare alla nozione del senso ottuso e di punctum che Roland Barthes aveva coniato nelle sue analisi di certo cinema e certa fotografia. Ovvero, tratti visivi in grado di trasfigurare le immagini, conferire loro una vita non completamente riducibile al binomio riproduzione-mimesi. Tuttavia, mentre lo studioso francese pensava quelle nozioni come qualcosa di cui l’autore non ha pieno controllo, quanto dice e fa Soejima sembra invece suggerirci un approccio per cui è lo stesso autore a doversi far carico di tali possibilità espressive.

Un sistema di segni
Una seconda caratteristica saliente che sembra venir fuori dal lavoro del character designer nipponico è una idea di personaggio come sistema di segni. In sé, qualcosa che può ricordare la grande letteratura in cui la polifonia è centrale. Inoltre, considerando l’interazione giocatore-personaggio (gameplay), si tratterebbe di qualcosa in parte intrinseco al linguaggio videoludico stesso. Ma in Persona 5 Royal la cosa sembra farsi visivamente esplicita. In merito, il caso di Kasumi offre ancora spunti di riflessione. Nell’intervento video menzionato, Soejima approfondisce il discorso sul personaggio parlando del trattamento che le ha riservato per darle importanza.

Ovvero, la scelta di vestirla con un abbigliamento simile a quello del personaggio principale del mondo del videogioco, Joker. Parafrasando un poco l’assunto dell’autore, si tratterebbe di qualcosa il cui fine è stato quello di alimentare la percezione e quindi l’attenzione verso la nuova figura femminile della narrazione senza stravolgere i ruoli. A questo bisognerebbe poi aggiungere l’uso della maschera, l’elaborazione grafica complessa della propria «persona» e un generale gusto per la moda da parte di Soejima che non si limita alla sola Kasumi ma investe tutti i personaggi, fra colori sgargianti, tutine sexy, giacche stilose, cultura della «carineria» (kawaii) e tanto altro, come si può vedere nel trailer del gioco, disponibile in rete e ribattezzato con un aggettivo a suo modo rivelatore («cinematic»). È una moda che – per citare di nuovo Barthes – si fa sistema, una trama di invenzioni grafiche e cromatismi specifici con rimandi culturali.

In sintesi, il character design di Persona 5 Royal potrebbe ricordare a certi spiriti tromboni e sguardi miopi alle prese con le arti visive che, per esempio, è in certe esperienze videoludiche che si possono ritrovare sottigliezze altrimenti visibili solo nel lavoro di alcuni artisti o, magari, in rare tracce di cinema di ricerca.