«Voglio che mia figlia Alua resti nella mia abitazione di Casalpalocco e che sia affidata alla mia collaboratrice e amica Soreleva Venera affinché non subisca traumi e possa continuare a svolgere serenamente la propria vita». Sono le 22.15 del 29 maggio scorso e nell’Ufficio immigrazione della questura di Roma Alma Shalabayeva fa mettere a verbale le sue volontà per quanto riguarda le sorti della figlia di sei anni. Da 24 ore la donna si trova nella mani della polizia italiana che l’ha prelevata dalla villa di Casalpalocco dove la moglie del banchiere e dissidente kazako Mukhtar Abiyazov vive. Non è ancora stata portata nel Cie di Ponte Galeria e la conversazione con gli agenti deve essere avvenuta con qualche difficoltà visto che lei parla solo inglese. Ed è forse per questo che nel verbale Soreleva Venera, che in realtà è la sorella di Alma, viene indicata come «collaboratrice e amica». Ma le intenzioni della donna sono chiare: impedire che Alua venga espulsa in Kazakistan con lei.
Indicazioni precise, che non dovrebbero essere fraintese ma rispettate alla lettera, tanto più visto che riguardano un minore. Ma così non è. Poco più di un’ora dopo che quel verbale è stato scritto e firmato, a mezzanotte e venticinque la polizia torna ancora una volta a bussare nella casa di Casalpalocco. Gli agenti sanno che la sorella di Alma, Soreleva, non c’è perché si trova con il marito Bolat nello studio dell’avvocato Riccardo Olivi, che assiste la moglie dell’oppositore kazako. L’assenza della donna non è però un motivo giuridicamente valido per ignorare le disposizioni della signora Shalabayeva, come invece accade. Alua viene infatti affidata dagli agenti all’autista, Semakin Volodjmjr. Una notifica avvenuta, a quanto pare, senza alcun provvedimento scritto da parte del tribunale dei minori. Due giorni dopo, il 31 maggio, viene infine imbarcata con la madre su un aereo privato che le riporta in Kazakistan.
E’ solo una delle irregolarità commesse nell’espulsione di Alma Shalabayeva e che hanno scatenato una bufera sui vertici del Viminale, a partire dal ministro Angelino Alfano.
Oggi il capo della polizia Alessandro Pansa consegnerà proprio ad Alfano i risultati dell’inchiesta che ha condotto personalmente ascoltando le versioni degli alti funzionari coinvolti nel caso e alla quale ieri sera tardi stava ancora lavorando. Negli ultimi tre giorni, inoltre, il questore di Roma Fulvio della Rocca gli ha fatto arrivare le relazioni di servizio compilate dall’Ufficio immigrazione e dalla Digos, che ha appoggiato l’operazione ritenendo che nella villa si trovasse Ablyazov, descritto dall’ambasciata kazaka come un ricercato per reati fiscali. E a quelle relazioni Della Rocca ne ha aggiunta un’altra con ulteriori approfondimenti. Ma la tensione è alta. Anche se la consegna è quella del silenzio, negli uffici di San Vitale il nervosismo si taglia con il coltello «Sappiamo bene di aver fatto tutto correttamente, e del resto lo hanno confermato anche il ministro Cancellieri, il tribunale dei minori e il giudice di pace», si sfoga un funzionario. Come a dire: se responsabilità ci sono, vanno cercate più in alto.
Oggi si dovrebbe sapere se è davvero così. A rischiare provvedimenti, in particolare, potrebbero essere in quattro: il prefetto Giuseppe Procaccini, il capo di gabinetto di Alfano ma soprattutto l’uomo che il 28 maggio ha ricevuto l’ambasciatore kazako che gli sollecitava l’arresto di Ablyazov. E che poi ha coinvolto nell’operazione il capo della segreteria del Dipartimento di polizia Alessandro Valeri che a sua volta avrebbe chiesto la collaborazione del capo della Criminalpol Francesco Cirillo. Da stabilire, infine, il ruolo svolto dal prefetto Alessandro Marangoni, capo della polizia vicario fino alla nomina di Pansa, avvenuta a espulsione della Shalabayeva già avvenuta.
Per ora la linea scelta dal governo sembra essere quella degli avvicendamenti. Valeri potrebbe essere sostituito dall’attuale prefetto di Reggio Calabria Vincenzo Panico mentre ai vertici della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera, carica oggi vacante, potrebbe essere nominato l’attuale questore dell’Aquila Giovanni Pinto, con conseguente nomina a prefetto. Da considerare che sia Valeri che Procaccini e Cirillo sono prossimi alla pensione, e potrebbero quindi lasciare spontaneamente.
Non è detto comunque che tutto questo riuscirà a salvare Alfano, sul quale pende una richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni. Resta infatti da capire come sia possibile che nessuno, tra i suoi collaboratori più stretti, lo abbia informato su quanto stava accadendo.