Nell’Inghilterra moderna la cultura italiana gode di grande fortuna, ma con differenze e contraddizioni. C’è chi vede nella Penisola il luogo del male, in cui si condensano servi superstiziosi del papismo e promotori immorali delle congiure; e c’è chi, al contrario, vi vede la punta più avanzata del pensiero europeo, in quanto patria dell’Umanesimo e del Rinascimento. L’esempio di Machiavelli è forse quello più significativo. Numerose sono le edizioni delle sue opere in Inghilterra: le prime traduzioni sono l’Arte della guerra (1562) e le Istorie fiorentine (1595), ma importanti sono anche le edizioni in lingua italiana che vengono stampate clandestinamente a Londra da John Wolfe negli anni Ottanta. Tali opere erano destinate alle élites inglesi, presso le quali la lingua italiana era ben conosciuta e il Rinascimento «radicale» godeva di notevole reputazione, da coltivare tuttavia nel segreto della vita privata e senza ostentazione pubblica.

GLI SCHERMI di prudenza e di dissimulazione – adottati da Christopher Marlowe – erano infatti necessari, in quanto leggere e far circolare Machiavelli significava appartenere alla schiera degli empi e degli atei, anche perché vi erano coloro – come John Donne – che consideravano il machiavellismo sinonimo di satanismo politico.
Ma Machiavelli non è l’unico autore italiano noto nell’Inghilterra del Cinquecento, perché lo sono altrettanto Alberti, Guicciardini, Pomponazzi, Campanella e Giordano Bruno, da alcuni considerati centrali per la cultura dell’epoca, da altri i rappresentanti di un’immorale e irreligiosa «corte di Circe». Questa azione congiunta di sostenitori e detrattori dei pensatori rinascimentali «radicali» determina un’enorme fortuna della cultura italiana, anche in autori e contesti poco indagati. È il caso di Shakespeare, cui è dedicato il recente libro di Michele Ciliberto dal titolo Shakespeare: il male, il potere, la magia (Edizioni della Scuola Normale, pp. 256, euro 20), in cui si mira a individuare la presenza di temi e motivi del Rinascimento italiano nell’autore di Otello e Coriolano, Il racconto d’inverno e La tempesta, Cimbelino e Antonio e Cleopatra. In Shakespeare, Ciliberto trova significative ricorrenze e un influsso profondo della visione drammatica dell’esistenza umana presente negli autori italiani, divisi tra utopia e disincanto, tra idealità e realismo. È la «dinamica dei contrari», tanto cara a Giordano Bruno e presente nel coro fair is foul and foul is fair delle streghe del Macbeth.

È L’IMMAGINE dell’essere umano come «ombra di sogno», debole e incerto, elaborata da Alberti e presente nell’Amleto, che esclude ogni presunzione antropocentrica per aprire all’immagine dell’universo inteso come uno spazio infinito composto da «gusci di noce». È la concezione dell’essere umano come «giocattolo», a disposizione di Dio all’interno di un’eterna vicissitudine, presentata da Pomponazzi contro ogni teodicea e centrale nel Re Lear. È il tema della dissimulazione, che conduce a guardare in faccia il rapporto tra potere, giustizia e verità, che attraversa tanto Machiavelli quanto lo Shakespeare del Timone d’Atene.

Gli esempi di questo vocabolario comune potrebbero continuare, ma forse conviene soffermarsi su un’importante differenza che Ciliberto mette in evidenza. In Shakespeare il carattere drammatico dell’esistenza conduce verso il fatalismo perché nelle sue opere manca una funzione salvifica dell’azione, della praxis, che è invece caratteristica del pensiero rinascimentale, in cui lo sguardo disincantato sulla nuda realtà non toglie energia ed entusiasmo ai tentativi di rinnovamento politico.
Questa tensione attivistica della cultura rinascimentale rimarrà presente nella cultura italiana anche nei secoli successivi (pensiamo, per esempio, al tornante tra Ottocento e Novecento, con Spaventa, Labriola, Croce, Gramsci, Calogero e altri). Per differenza, rispetto a questa concezione attivistica, noi dobbiamo invece constatare che oggi nella cultura italiana sembra prevalere una visione «ornamentale» del sapere, che inclina o al narcisismo comunicativo (da salotto) o al marketing territoriale (da comitato d’affari). Nulla a che vedere, purtroppo, con la tensione rivolta al futuro di Machiavelli e Giordano Bruno.