Sex mob a orologeria, a Colonia scoppia il caso rifugiati
Germania 31 fermati per le violenze di massa sulle donne a capodanno, 18 sono richiedenti asilo. Silurato il capo della polizia cittadina. Media "piromani" e destre invocano il giro di vite sugli ingressi. Merkel all’angolo
Germania 31 fermati per le violenze di massa sulle donne a capodanno, 18 sono richiedenti asilo. Silurato il capo della polizia cittadina. Media "piromani" e destre invocano il giro di vite sugli ingressi. Merkel all’angolo
Un sex mob a orologeria. La violenza di massa alle donne, nella festa di Capodanno, “esplode” in ritardo prima sulla stampa di mezza Europa e poi nei palazzi della politica tedesca. E ora fioccano arresti, licenziamenti, parole di fuoco e rapporti ufficiali.
Ieri la polizia federale ha confermato l’identificazione di 31 sospetti tra cui 18 richiedenti asilo. Si tratta di 9 algerini, 8 marocchini, 4 siriani, 5 iraniani, un iracheno, un serbo e un cittadino americano. Sono accusati di furto e lesioni fisiche. Nessuno dei rifugiati, per il momento, sembra formalmente implicato nelle violenze sessuali, mentre due persone risultano già rilasciate. E il ministro dell’interno Thomas de Maizière (Cdu) silura il capo della polizia di Colonia Wolfgang Albers, che va in pensione anticipata, e comincia a squadernare l’«anomala» sequenza temporale delle informazioni.
Albers ha mentito? La sindaca Henriette Reker conosceva il “profilo” dei responsabili della festa fuori controllo? I dati sensibili (e politicamente esplosivi) sono stati volutamente nascosti? Perché un rapporto preciso e circostanziato affiora solo una settimana dopo?
La verità era diventata un rebus: dubbi, perplessità, incertezze sull’«orribile notte» della metropoli renana stridono clamorosamente con la trasparente efficienza tedesca. Eppure i video on line lasciavano pochi margini di equivoco sul “branco” in azione prima con i petardi e poi con le violenze mirate alle donne. Ma l’attenzione della Germania restava concentrata sull’allarme terrorismo di Monaco, replicato fin dentro la cancelleria di Berlino. La raffica di denunce accumulate, le testimonianze e la manifestazione delle donne hanno spezzato ogni incantesimo.
Ma ancora il 5 gennaio Albers assicurava: «Non sappiamo chi siano i responsabili delle violenze». È la prima implicita ammissione che la festa non «è finita bene» come twittato dalla polizia di Colonia la mattina di Capodanno. Ma ora è tutto nero su bianco, non solo grazie alle decine di denunce delle donne. Il 2 gennaio il rapporto stilato dagli agenti sul campo già indicava 71 segnalazioni, 11 fermi e 4 arresti. Fa il paio con il dossier della Bundespolizei che registrava come i colleghi di Colonia «dovevano essere già a conoscenza della situazione reale». E non basta, perché le pattuglie dislocate tra la stazione centrale, il duomo e i quartieri – dopo la dispersione della massa di mille uomini partita dal Hauptbahnof – riportavano fermi di sospetti di origine siriana, irachena, afghana «residenti in Germania da poco tempo» insieme a persone senza documenti. Controlli incrociati con il database dell’Ufficio federale dell’immigrazione avrebbero confermato da subito la presenza di profughi tra i responsabili delle aggressioni, almeno secondo Arnold Plickert, leader del sindacato di polizia del Land secondo cui «ci sono stati sicuramente rifugiati tra i colpevoli».
La notizia deflagra – a beneficio di Csu, Alternative für Deutschland e Pegida che invocano il giro di vite sull’ingresso di migranti – e costringe Angela Merkel a promettere «l’immediata espulsione dei profughi responsabili dei reati». Sullo sfondo si staglia l’ipotesi della copertura istituzionale di dettagli in grado di affondare la Wilkommenpolitik perseguita dalla cancelliera, anche se il ruolo dei “pompieri” rimane tutto da provare.
Più evidente quello dei “piromani” tra cui i giornali del gruppo Springer che anche ieri gettavano altra benzina sul fuoco: dal sito della Bild spicca l’immagine di un foglietto trovato in tasca a uno degli arrestati con la traduzione sgrammaticata dall’arabo al tedesco di minacce scurrili da rivolgere alle donne. E rimbalzava sui social-network il documento su carta intestata dell’ospedale di Colonia che riportava una «clausola di riservatezza» sui fatti di Capodanno rivelatosi poi contraffatto.
Così la bufera investe soprattutto la sindaca di Colonia, al di là dei suoi consigli alle cittadine di tenersi «a distanza di braccio dagli sconosciuti» in vista del Carnevale che comincia il 4 febbraio. L’Oberbürgermeisterin Reker aveva negato il coinvolgimento di richiedenti asilo: «Era stata informata del contrario?» domanda la stampa. «Le informazioni alla vigilia di Capodanno disegnavano un quadro più sfumato della situazione che si è poi creata» è la difesa della sindaca eletta da Cdu, Fdp e Verdi. Con lei l’ex capo della polizia Albers cui non è bastato respingere le «assurde» accuse di “copertura” dei rifugiati per evitare la rimozione: «Senza prove dei presunti crimini in Germania si applica la presunzione di innocenza» aveva tagliato corto Albers.
Di certo, vacilla l’ipotesi di una «nuova forma di crimine organizzato» del ministro della giustizia Heiko Maas (Spd). Troppo vasta la presunta rete (da Stoccarda a Düsseldorf, da Colonia ad Amburgo) e nessuna evidenza della strategia comune a tavolino. Comunque, l’effetto collaterale del sex mob premia i populisti di Afd (al 10% nei sondaggi) e la Csu bavarese che torna sulle barricate contro i migranti.
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