Settimana piena e pericolosa per il governo. Sulla carta le probabilità di incidente prima del weekend sono elevate. Ma tra la carta e la realtà lo scarto è sempre abissale. Di Maio e Salvini parlano il meno possibile e tra loro non parlano proprio nonostante gli inviti del pentastellato e i vaghi impegni del leghista. Fatti salvi i quotidiani sganassoni affibbiati dal leghista a Toninelli, glissano sui temi roventi, anche se proprio nell’agenda dei prossimi giorni figurano un po’ tutti.

LE COSE SAREBBERO più gravi se i tre leader che decidono del destino del Paese facessero politica e si confrontassero con le traiettorie opposte e confliggenti che vogliono dare all’azione di governo Conte e Salvini, con Di Maio nella parte del vaso di coccio: uno, il premier, diventato il punto di riferimento dell’establishment europeo e italiano, l’altro, il ringhioso vice, considerato la minaccia da spianare da quello stesso establishment. Ma i suddetti leader sulla politica preferiscono sorvolare. Il solo modo per tirare a campare vivendo alla giornata.

Vivere alla giornata significa prima di tutto trovare un modo per uscire indenni dalla tempesta autonomie. Il vertice fissato per ieri, con all’ordine del giorno la gestione dei beni culturali, è slittato a oggi. Il consiglio dei ministri che dovrebbe licenziare il sospiratissimo testo è convocato per giovedì, ma probabilmente salterà. Prima, forse oggi stesso, Conte dovrebbe infatti incontrare i governatori. Salvini ha scelto di restare nell’ombra, lasciando che a sostenere lo scontro con Conte siano Fontana e Zaia. La vera partita si gioca sull’aspetto finanziario, con la Lega contraria al Fondo di perequazione che per i 5S è irrinunciabile. A porte chiuse i leghisti ammettono di aspettare l’esito di quel confronto. Ma lo scoglio non è tale da poter essere superato in un paio di giorni. Le autonomie dovranno aspettare, anche senza contare il passaggio parlamentare, che ieri Fico ha confermato essere indispensabile e che non sarà né facile né breve.

DEL RESTO PROPRIO i tempi lunghi delle autonomie sono una delle clausole di garanzia a cui si appigliano i 5S per evitare il rischio di elezioni a breve. L’altro è la riforma costituzionale. Ieri Di Maio la ha sbandierata accusando i leghisti di minacciare la crisi «per evitare il taglio di 375 parlamentari, che arriverà in settembre». Dopo la quarta lettura, appunto in settembre, bisognerebbe attendere i tre mesi necessari per l’eventuale richiesta di referendum. Se arriverà, di votare non se ne potrà parlare per un pezzo ma anche in caso contrario l’obbligo di riadattare le circoscrizioni adeguandole a un Parlamento ridimensionato concederà l’agognato rinvio.

Mercoledì dovrebbe essere una giornata chiave: voto di fiducia alla Camera sul dl Sicurezza bis, che non comporta rischi, e allo stesso tempo, al Senato, discorso di Conte sullo spinoso caso dei rapporti tra Lega e Russia. Dopo di lui parlerà Renzi e sparerà a zero, offrendo così un assist a Salvini. La maggioranza sarà costretta a fare muro. Quindi, dai banchi della Lega e non da quelli del governo, potrebbe decidere di replicare lo stesso Salvini. A decidere se stemperare o far impennare la tensione sarà dunque il premier. Con gli elementi a disposizione può senza problemi trincerarsi dietro un discorso anonimo, spianando la strada ai dinieghi di Salvini, identici a quelli pronunciati più volte. Se invece Conte deciderà di affondare la lama, impugnando un europeismo radicale o avanzando dubbi sul comportamento della Lega la musica sarà diversa. Incidente improbabile, non impossibile.

GIOVEDÌ CONTE ha convocato le parti sociali a palazzo Chigi, a partire dai sindacati alle 17, sulla riforma fiscale. Vuole riprendere in mano la gestione della legge di bilancio, Flat Tax inclusa, dopo l’arrembaggio tentato da Salvini. Ma sarà solo un avvio di discussione e, in assenza di una volontà politica precisa di rottura, né i primi passi sulla strada della Flat Tax, né l’eventuale cdm convocato per lo stesso giorno dovrebbero presentare grossi rischi. Almeno se mercoledì al Senato le cose saranno andate bene tra Conte e Salvini.

Gli estremi per giocare a un rinvio che rimanderebbe l’eventuale showdown all’anno prossimo ci sono su tutti. Tranne che sulla Tav. Entro venerdì dovrebbe essere presa una decisione, pena la perdita dei contributi europei. Toninelli sta cercando una via per dilazionare. Resta da vedere se Salvini ingoierà anche questo rinvio.