Il rapporto tra sport e musica è sempre stato, fin dall’antichità, piuttosto stretto e consequenziale. Alle prestazioni atletiche sono spesso state legate note musicali, ispiratrici o stimolanti. Nell’era moderna, soprattutto negli ultimi anni, sono tantissimi gli sportivi che prima della competizione usano canzoni o musiche per rilassarsi, concentrarsi o darsi il giusto slancio. Allo stesso modo, ogni competizione sportiva è accompagnata da canzoni, inni, intermezzi musicali di ogni tipo. Storicamente le Olimpiadi sono state la prima manifestazione sportiva ad accostare i due elementi.
MOMENTO DI INCONTRO
Nell’antica Grecia i giochi olimpici erano caratterizzati da un’ampia presenza di musica. Un connubio naturale e reciproco, ai tempi. Riservato alle classi più altolocate e che non prevedeva la partecipazione di schiavi, barbari e, non ne dubitavamo, donne ed era ad esclusivo appannaggio di chi parlava la lingua greca. Con la progressiva influenza dell’Impero Romano vennero inclusi anche popoli «stranieri», come gli stessi romani, fenici, galli. L’evento era un momento di aggregazione e incontro, anche politico (basti pensare alla sospensione di qualsivoglia guerra durante lo svolgimento dei Giochi) e anche un’occasione particolare per dare l’opportunità a musicisti, poeti, artisti, scrittori, di esibirsi e farsi conoscere. La vittoria olimpica (ma anche la stessa partecipazione) conferiva prestigio sociale e consentiva sicuri vantaggi economici. Tra una gara e l’altra si esibivano poeti, suonatori di fiati ingannavano l’attesa, mentre certe competizioni, come il salto in lungo, erano accompagnate da musica che, ritenevano i greci, aiutava il coordinamento degli atleti. Nell’antica Grecia nove dee erano le protettrici delle arti, riunite sotto un solo nome, Musica (parola che deriva dal greco mousiké, che significa «arte delle Muse»), che le racchiudeva, tanto che le suddette divinità erano chiamate Muse, appunto, guide di cantanti, poeti, autori di tragedie e commedie, attori e musicisti. Ma anche gli scienziati, i filosofi e, soprattutto, gli sportivi ne evocavano la protezione e l’aiuto. Per Platone la Musica, insieme alla Ginnastica, era la base dell’educazione per i governatori della sua Città Ideale. La Musica era protagonista nei giochi e nelle feste dedicate agli dei. Come le Efesie, in onore di Artemide, le Delie, in onore di Apollo, le Panatenee in onore di Atena, la festa pitica a Delfi, che iniziava con gare musicali e canti accompagnati dal flauto. O i giochi istmici a Corinto in onore di Poseidone, i giochi panellenici che riunivano tutte le città della Grecia. C’erano anche veri e propri tornei paralleli dedicati alle musiche e all’arte, derivati dai precursori dei giochi olimpici, i Giochi Pitici, dove le gare erano esclusivamente musicali ed artistiche. Solo in un secondo tempo si aggiunsero quelle atletiche.
Durante i Giochi di Olimpia la città diventava il centro culturale del mondo antico, dove le competizioni sportive erano solo una parte di un ben più ampio raduno di eccellenze, artistiche in particolare. Ai Giochi assistevano le principali cariche dello stato e i più noti artisti, alcuni dei quali prendevano anche parte alle competizioni. Platone gareggiò nella lotta e nel pugilato mentre Euripide vinse nel pugilato ai giochi di Atene e nella lotta ai giochi Eleusi. Plutarco ricorda come gli achei si servissero dell’aulo (una conchiglia a forma di flauto) sia per accompagnare le battaglie che nelle competizioni di pentathlon. Si conserva il ricordo (mitologico) dei Giochi organizzati da Acasto in memoria del padre, in cui Orfeo vinse la gara con la lira, Olimpo con il flauto, Lino, figlio di Apollo, nel canto, Eumoplo nel canto accompagnato.
UN «MATRIMONIO»
Lo studioso e storico Bronislaw Bilinski ne L’agonistica sportiva nella Grecia Antica ricorda: «Nel periodo di apogeo atletico, tra i secoli VI e V a.c., parola, musica, pittura e scultura, furono tutte al servizio delle gare atletiche, che proprio in quell’epoca assumevano il vero carattere e la vittoria dell’atleta evocava, allo stesso tempo, la musa del poeta o l’ispirazione dello scultore». Impossibile non ricordare la figura di Nerone che nel 60 inaugurò a Roma i Neronia, gare atletiche, equestri e musicali. In Grecia ogni festa pubblica era accompagnata dalla Musica (non diversamente dai nostri giorni) che non mancava quindi nemmeno nelle gare sportive dove si cantavano gli Epinici in onore del vincitore, durante un banchetto, davanti alla sua porta di casa o all’altare di qualche divinità. Un paio di millenni dopo, nel 1886, Pierre Fedy, barone di De Coubertin, concepì i Giochi Olimpici Moderni, probabilmente ispirato dalla scoperta tra il 1875 e il 1881 della città di Olimpia. In ottemperanza alla volontà di riprodurre l’evento in una chiave che fosse quanto più vicina allo spirito originale («le mariage des muscles et de l’esprit» – «il matrimonio dei muscoli e dello spirito»), contemplando la composizione di un inno olimpico: «Come nell’antica Grecia, le nostre Olimpiadi dovranno avere esibizioni atletiche ed esibizioni artistiche in egual misura. È questa la differenza rispetto alle normali competizioni sportive». Vennero infatti previste medaglie per esibizioni artistiche come pittura, scultura, architettura e musica, con il presupposto che dovessero comunque avere un soggetto sportivo. De Coubertin era convinto che un vero atleta avrebbe dovuto distinguersi non solo per la forza e per abilità fisiche ma avere anche capacità artistico/intellettuali. Inizialmente dovette soprassedere a causa di difficoltà logistiche anche se nel 1896 fu incaricato il compositore greco Spyros Samaras e Inno Olimpico venne suonato alla cerimonia di inaugurazione che nel 1957 venne codificato come Inno Ufficiale delle Olimpiadi e dal 1960 in poi viene sempre eseguito quando si alza e si abbassa la bandiera olimpica all’inizio e alla fine dei Giochi. Il brano è comunque stato ben presto soppiantato da canzoni e inni dall’impostazione moderna e adatta ai tempi e sicuramente più appetibile e vendibile dell’esasperato classicismo della composizione di Samaras, nonostante negli anni si siano ripetuti episodi con fanfare e orchestre varie (da Bugler’s Dream del 1958 di Leo Arnaud a Olympic Fanfare di John Williams del 1984).
PROSOPOPEA NAZISTA
Nel 1936 a Berlino, la prosopopea nazista allestì un’inaugurazione pomposa e magnificente in cui l’Orchestra Sinfonica Olimpica, ovverosia la Berliner Philarmoniker, arricchita da altri strumentisti, eseguì una lunga serie di brani, incluso l’inno Olimpico, composto e diretto per l’occasione da Richard Strauss, cantato da un coro di 300 elementi. È stata a lungo dibattuta la controversia se Strauss avesse diretto anche l’esecuzione dell’inno nazista ma sembra assolutamente escluso. Nel 1912 a Stoccolma vennero finalmente assegnate le prime medaglie delle Olimpiadi Artistiche, cocciutamente volute dal suo organizzatore («allo sport è necessaria la collaborazione delle Muse»).
L’evento collaterale a quello sportivo ha purtroppo sempre avuto scarso interesse di pubblico anche se dal 1912 al 1952 sono state consegnate 151 medaglie in queste discipline artistiche. Già nella prima edizione del 1912 alle Olimpiadi svedesi, si tenne il «Pentathlon delle Muse» con cinque concorsi, riguardanti Architettura, Scultura, Pittura, Letteratura e Musica. L’Italia si aggiudicò tre medaglie d’oro nelle gare sportive ma vinse anche quella nella pittura grazie a Giovanni Pellegrini con Sport Invernali e nella musica con Riccardo Barthelemy con la composizione Marcia Trionfale Olimpica e ad Anversa nel 1920 conquistò il secondo posto nella musica con Oresta Riva e il suo Canto della Vittoria. Sempre in questa edizione l’americano Walter Winians, vinse una medaglia d’argento nel tiro al bersaglio e una d’oro in scultura. Il tentativo di dare spessore e dignità alla competizione crebbe, tanto che oltre a vari importanti artisti in gara, nel 1924 a Parigi troviamo il celebre compositore e direttore d’orchestra Igor Stravinskij tra i giurati del concorso musicale. La competizione andò avanti fino al 1952 con sempre più scarsa partecipazione da parte di artisti importanti che non gradivano il dover scendere in gara e mettere in discussione la propria musica e arte. Anche la tipologia di proposta musicale non rifletteva i tempi, basandosi esclusivamente su marce o composizioni orchestrali, solenni e pompose (ovviamente escluse canzonette, musica popolare e il temibile jazz). Dopo la Seconda guerra mondiale nella categoria «Musica per voce solista», Gabriele Bianchi vinse un bronzo con Inno Olimpico bissando i successi di Oreste Riva (argento ad Anversa nel 1920) e Lino Liviabella (argento a Berlino nel 1936). Nel 1960 venne introdotta tra le discipline olimpiche la ginnastica ritmica che si esegue a ritmo di musica. Ai tempi suonata da un pianista che imparava i brani scelti e li riproduceva dal vivo durante le esibizioni delle atlete e atleti (talvolta aiutati a rimanere a tempo con rallentamenti o accelerazioni del musicista, ora pratica impossibile con l’avvento della musica riprodotta digitalmente).
Curiosamente fino agli anni Ottanta non si segnalano, con l’eccezione degli inni appositamente composti, canzoni dedicate ai Giochi Olimpici in ambito pop. Può fare eccezione la colonna sonora del film documentario di Romolo Marcellini La grande Olimpiade, dedicata a quella di Roma del 1960, composta ed eseguita da Angelo Francesco Lavagnino e Armando Trovajoli, che mischia musica orchestrale solenne con elementi di più facile ascolto e cenni alla tradizione popolare italiana. Nel 2015 è stato pubblicato l’omonimo album intestato a Lavagnino. Occorre anche ricordare l’inaugurazione dei Giochi successivi, a Tokyo, nel 1964, quando l’inizio fu decretato dal rullo assordante di ben diecimila tamburi, si levò in cielo una pattuglia aerea acrobatica che tracciò i cinque cerchi con il fumo mentre nel modernissimo stadio si espandeva essenza di crisantemo (fiore simbolo del Giappone). Furono peraltro le prime Olimpiadi trasmesse in mondovisione.
BOICOTTAGGIO
Nel febbraio del 1980 Peter Gabriel pubblica il brano, tratto dal suo omonimo terzo album, Games without Frontiers (con Kate Bush ai cori), titolo ispirato dalla trasmissione televisiva Giochi senza Frontiere ma il cui testo è un chiaro messaggio contro la guerra. Nel video promozionale ci sono diverse immagini di vecchie gare olimpiche in bianco e nero. Sempre nel 1980, anno delle Olimpiadi di Mosca, boicottate da sessantacinque nazioni (l’Italia partecipò ma sotto il vessillo olimpico) per ritorsione all’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici, Miguel Bosè trova il successo con un brano correlato ai Giochi, il famoso dance pop Olympic Games. La canzone (scritta con Toto Cotugno) vince anche il Festivalbar dello stesso anno. In realtà il testo sembra l’antitesi dello spirito olimpico con il ritornello che dice «Giochi Olimpici, vincitori e vinti, fama e fortuna/ecco perché corro, ecco perché sono venuto». Per l’edizione di Los Angeles del 1984 fu pubblicato l’album The Official Music of the 1984 Game con undici brani, a ognuno dei quali era assegnata una generica specialità. Quincy Jones con il solenne, orchestrale ed etereo Grace aveva il tema dei giochi ginnici, la funk dance Junku di Herbie Hancock per i giochi sui campi d’erba, il pomp rock strumentale dei Foreigner, Street Thunder, guardava alla maratona, mentre i Toto con Moodido (strumentale anche questo) facevano da ipotetica colonna sonora agli incontri di pugilato. Presenti anche Giorgio Moroder, Chris Cross, Philip Glass tra gli altri. Ben più conosciuto invece il tema per i giochi invernali di Sarajevo dello stesso anno, per i quali fu scelto Chariots of Fire del compositore greco Vangelis, dalla colonna sonora del film Momenti di gloria del 1981, diretto da Hugh Hudson e interpretato da Ben Cross, vincitore di quattro premi Oscar (tra cui anche quello per la miglior colonna sonora) e ambientato, ricavato da una storia vera, nelle Olimpiadi del 1924. Nel 1988 fu Whitney Houston a caratterizzare i Giochi di Seul con la ballatona One Minute in Time che spadroneggiò nelle classifiche di mezzo mondo in quell’anno. Sempre per i Giochi coreani la band locale Koreana produsse un classico synth pop tipicamente anni Ottanta, Hand in Hand (che in patria vendette l’incredibile numero di 13 milioni di copie), prodotto da Giorgio Moroder. Fu pubblicato anche l’album 1988 Summer Olympics Album: One Moment in Time con dodici brani tra cui, oltre al sopracitato di Whitney Houston, anche canzoni dei Bee Gees, Four Tops, Eric Carmen. Tra i brani in assoluto più noti il famoso duetto tra Freddie Mercury e Montserrat Caballé con la epica Barcelona, per i Giochi del 1992, nella capitale catalana, che realizzò il sogno del cantante di esibirsi in ambito lirico/operistico, facendolo con una delle massime esponenti del genere. La canzone fu affiancata nella stessa edizione da Amigos para siempre di José Carreras e Sarah Brightman, composta dal re dei musical, Andrew Lloyd Webber. Il brano fu così apprezzato dal presidente del Comitato Olimpico, Juan Antonio Samaranch, che lo volle suonato al suo funerale. La compilation pubblicata per l’occasione, Barcelona Gold, godeva della partecipazione di nomi di primo piano, da Madonna a Eric Clapton, Natalie Cole, INXS, Rod Stewart. Celine Dion fu protagonista della dolciastra pop ballad Power of Dream per le Olimpiadi di Atlanta del 1996 che precettarono anche un’altra mielosa canzone come Reach di Gloria Estefan. Nella ormai puntuale compilation Rhythm of the Games 1996: Olympic Games Album anche Usher, Kenny G, una versione di Imagine di Corey Glover e l’inno americano interpretato dai Boyz II Men. Durante la cerimonia d’apertura la cantante soul Gladys Knight ha interpretato il classico Georgia on My Mind, l’inno dello stato, mentre la colonna sonora è stata caratterizzata da numerosi richiami a jazz, gospel, blues e r&b in omaggio alle radici sonore del luogo. A Sidney nel 2000 invece il ruolo di tema della manifestazione toccò alla trascurabilissima The Flame di Tina Arena. La scelta artistica sulla colonna sonora fu rigidamente limitata a soli artisti australiani con molto spazio ad autori di musica classica, elementi jazz e arrangiamenti di canzoni tradizionali aborigene. Il tutto eseguito dalla Sidney Symphony Orchestra e raccolto nella compilation The Games of the XXVII Olympiad: Official Music from the Opening Ceremony. Nel 2001 il nostro Tiziano Ferro pubblica il brano L’Olimpiade che nulla ha a che fare con i giochi ma è solo una metafora di un tormentato rapporto sentimentale: «In questa grande olimpiade. Di me, di te, dell’anima».
Coraggiosa la scelta di Oceania dell’artista islandese Björk per Atene 2004 con un brano basato esclusivamente su voci umane e particolarmente ostico e inusuale rispetto alla consuetudine. La canzone fu inclusa nell’album Medulla. Al contrario della scelta australiana la colonna sonora dell’Olimpiade fu caratterizzata da una devozione pressoché totale al pop più in voga del momento. Nell’album apposito Unity-The Official Athens 2004 Olympic Games Album ci sono Avril Lavigne, Sting, Tiziano Ferro, Will I Am, Timbaland ma anche nomi meno prevedibili come Alice Cooper, Brian Eno, Earth Wind and Fire, Neneh Cherry, Trevor Horn, Moby, Public Enemy. Praticamente ignorati i musicisti greci a cui è stata invece affidata la musica (classica e solenne) per la cerimonia di apertura. Per i primi Giochi in Cina, a Pechino nel 2008, torna Sarah Brightman in coppia con l’idolo locale Liu Huan in un’insopportabile canzone intitolata You and Me. La compilation ufficiale si intitolava The Official Album for Beijing 2008 Olympic Games-One World One Dream, mischiando star locali con qualche nome di spicco del pop internazionale come Backstreet Boys, Westlife, Pink, Avril Lavigne, Donna Summer. A cento giorni dall’inizio dei Giochi venne pubblicato il brano Bejing Welcomes You con la partecipazione di cento artisti provenienti da Cina, Hong Kong, Singapore, Taiwan, Giappone, Corea del Sud. Sempre in quest’occasione in Usa uscì la compilation AT&T Team Usa Soundtrack con brani (in verità poco significativi) di Taylor Swift, 3 Doors Down, Queen Latifah, Sheryl Crow, Goo Goo Dolls tra gli altri. Nel 2010 due star canadesi, Bryan Adams e Nelly Furtado incisero il pacchiano pop rock Bang the Drum in occasione delle Olimpiadi invernali di Vancouver. La canzone ufficiale dei Giochi londinesi del 2012 fu affidata ai Muse e ai toni epic rock di Survival in pieno stile Queen.
UN DISCORSO A PARTE
L’ Olimpiade di Londra del 2012 merita un discorso particolare. La musica rock l’ha fatta infatti da padrona, sia all’inaugurazione che durante la cerimonia di chiusura. Ma è stato utilizzata, in maniera inusuale, per la promozione, anche una canzone iconica come London Calling dei Clash, il cui testo è piuttosto oscuro e mal si accoppia con un evento del genere. Nello spot in effetti si sente solo il verso «London calling» e come ha ben specificato lo scrittore Marcus Gray al proposito: «London Calling è un classico esempio di una canzone che è diventata così familiare che il suo significato originale è andato perso. È immediatamente riconoscibile e superficialmente è l’invito perfetto alla capitale e all’evento sportivo più importante del mondo, anche se in realtà parla della fine del mondo, almeno come lo conosciamo». Interessante l’inclusione nella faraonica scenografia della cerimonia di apertura, che ha ripercorso varie fasi della storia dell’Inghilterra, tra le decine di altri, brani come la citata London Calling, God Save the Queen dei Sex Pistols, Going Underground dei Jam, Tubular Bells di Mike Oldfield, My Generation degli Who, Satisfaction dei Rolling Stones, All Day and All of the Night dei Kinks, She Loves You dei Beatles e ancora pezzi di Led Zeppelin, Specials, Queen, Duran Duran, New Order, Verve, Prodigy, Muse, Coldplay, Chemical Brothers, Radiohead, Blur, Oasis, Franz Ferdinand, Adele, Pink Floyd, David Bowie. Conclusione con Paul Mc Cartney che esegue live The End e Hey Jude dei Beatles mentre in precedenza gli Arctic Monkeys avevano ripreso Come Together.
Ancora più sorprendente la cerimonia di chiusura con le esibizioni live di Who, con un medley di Baba O’Riley, See Me Feel Me e My Generation, preceduti da Ray Davies dei Kinks, Kaiser Chiefs, membri di Pink Floyd e Genesis, le Spice Girls riunite per l’occasione, Roger Taylor e Brian May dei Queen, Madness, Annie Lennox. Il tutto con la presenza di figuranti mod, punk etc. Ossia il riconoscimento e nel contempo l’omologazione di un contesto come quello più genericamente rock e delle sottoculture, nato come ribelle, sovversivo, antitetico alle istituzioni sia sociali che artistiche. Ne viene accettato il ruolo e l’importanza nella società inglese, allo stesso tempo assorbendone e depotenziandone il profilo antagonista. Sempre nel 2012 il dj inglese Mark Ronson in coppia con la cantante Katy B furono protagonisti del singolo Anywhere in the World per la promozione dei giochi londinesi per i quali gli Underworld scrissero Caliban’s Dream destinato ad accompagnare la cerimonia d’apertura. Il brano chiude anche la compilation Isles of Wonder, disco ufficiale dei Giochi, con brani, tra gli altri, di David Bowie, U2, Underworld, Emeli Sandé, Arctic Monkeys (con ben due brani), Mike Oldfield, Dizzee Rascal. Anywhere in the World campiona alcuni rumori registrati durante l’attività degli atleti, tra cui il battito del cuore della velocista russa Ksenya Vdovina e i colpi su un tavolo di ping pong. A Symphony of British Music è un’altra compilation con alcune classiche canzoni pop rock, riarrangiate dalla London Symphony Orchestra (vedi Waterloo Sunset dei Kinks con Ray Davies alla voce), versioni corali di Because e Here Comes the Sun dei Beatles e qualche altro brano un po’ pasticciato tra remix, estratti, versioni editate (Who, Bowie etc).
LA FORZA DELL’UNIONE
In concomitanza alle Olimpiadi di Rio De Janeiro del 2016 Katy Perry pubblicò il singolo Rise in cui si parlava di vittoria e sconfitta tra avversari e che venne scelta dalla rete televisiva americana Nbc Sports come colonna sonora delle trasmissioni dedicate alle Olimpiadi. La stessa Perry commentò: «Non riesco a pensare ad un esempio migliore di quello degli atleti olimpici, mentre si riuniscono a Rio con la loro forza, per ricordarci come tutti possiamo unirci, con la determinazione di dare il meglio di noi stessi. Spero che questa canzone possa ispirarci a unirci e risorgere insieme. Sono onorata che la Nbc Olympics abbia scelto di utilizzarla come inno prima e durante i Giochi di Rio». Molto più significativa la scelta musicale per le cerimonie di apertura e chiusura con alcune delle eccellenze brasiliane, da Gilberto Gil a Jorge Ben, Caetano Veloso, Jobim, Marcos Valle, Chico Buarque. Molto curiosamente, ma non troppo, la cerimonia d’apertura dei Giochi 2020 a Tokyo è stata imperniata esclusivamente su sigle e musiche di videogame, da Dragon Quest a Kingdom Hearts, fino a Final Fantasy e Ace Combat. Inoltre una Imagine con coro fanciullesco e la spettacolare esibizione a base di funambolici virtuosismi pianistici di Hiromi Uehara. Nelle due cerimonie si sono avvicendati vari artisti e musicisti giapponesi. Alla chiusura dei Giochi Invernali di Pechino del 2022 in occasione del passaggio della bandiera olimpica a quelli di Milano/Cervinia previste nel 2026, l’Italia ha presentato uno show del Balich Wonder Studio con la colonna sonora firmata da Dardust con le canzoni Forget to Be e Inno (Prologo)-in piano solo, incluse poi nell’ep #002 Olympics. Non sono ancora stati comunicati i protagonisti della colonna sonora che farà da sottofondo alle cerimonie dei Giochi parigini di quest’anno ma sicuramente l’inaugurazione si svolgerà, per la prima volta, nelle strade della capitale francese, con una sfilata in cui la musica sarà sicuramente di primaria importanza. Nel frattempo si sta già celebrando l’Olympiade Culturelle con cinquecento eventi artistici di ogni tipo, concerti musicali vari inclusi. In appendice è interessante ricordare il Museo Olimpico di Losanna che raccoglie 1.500 oggetti e migliaia di reperti multimediali oltre alle torce olimpiche, alle medaglie di tutte le edizioni e agli attrezzi sportivi firmati dai campioni, ma anche gli strumenti musicali e gli spartiti degli inni e le musiche suonate nei Giochi. Nel corso degli anni la poesia, il romanticismo, l’anima artistica originaria, sincera e partecipe di una manifestazione storicamente rappresentazione di pace, unità dei popoli, fratellanza, alla quale donare una colonna sonora degna, si è trasformata in un mercimonio per accaparrarsi un posto in prima fila, grazie al quale guadagnare in diritti d’autore, copie vendute, visibilità. In mano ovviamente alle multinazionali della discografia, all’affarismo becero, alla dominante legge del profitto. Un’ennesima, scontata, perdita dell’innocenza, dove, almeno in questo contesto, l”importante era/sarebbe (stato) partecipare. Ma lo spirito è ormai lontanissimo da quello di De Coubertin.