Dopo il voto nelle regioni qual è la priorità per la sinistra che sostiene il governo? Come si evita lo spettacolo avvilente di frammentazione tra liste di sinistra con il risultato, ancora una volta, di risultare irrilevanti? Rispondere a queste due domande è essenziale.

1- Il voto ha evitato la spallata della destra, ha stabilizzato governo e legislatura. Si aprono scenari fino a poco tempo fa impensabili, con il Recovery Fund c’è la concreta possibilità di immaginare un’Italia diversa. Finora la voce della sinistra nel governo si è sentita poco, ma il tempo di osare è adesso. E’ questa la priorità oggi: rendere esplicito e visibile il punto di vista di sinistra.

Lo si fa individuando quei 4/5 punti su cui qualificare la nostra presenza e collegandosi a quelle tante realtà che dicono e fanno cose di sinistra nella società e nelle istituzioni. Serve quindi una rete capace di unire, fare massa critica, il cui perimetro è dato dagli obiettivi e dalle campagne che promuove dentro e fuori le istituzioni. Questa è la priorità, non di dar vita adesso all’ennesimo soggetto politico che sarebbe solo la sommatoria di ceti politici indeboliti dal voto, nell’infinito comporsi e scomporsi di aggregati sempre più piccoli.

È nella sfida del governo, nelle scelte da prendere che si realizzano le condizioni per costruire un soggetto politico di sinistra, che in Italia manca, solido e credibile. Il resto sono scorciatoie politiciste. Abbiamo oltre due anni dal voto nazionale, bisogna utilizzare bene questo tempo per darci profilo programmatico e forza politica nel vivo delle dinamiche politiche e sociali, non attardarci in alchimie organizzative sempre più asfittiche.

2- Il primo banco di prova per invertire la tendenza sono le elezioni in primavera delle principali città. La sinistra deve superare frammentazioni incomprensibili pena la scomparsa. Alle regionali tra chi fa parte dello stesso gruppo parlamentare di LeU ci si è presentati con liste diverse pur essendo nella stessa coalizione. Non era difficile prevedere quello che poi è immancabilmente avvenuto: un comune insuccesso. Vengono in mente le parole di Rodotà sulla cultura dell’inconsapevolezza che ha colpito la sinistra. E lavorare a dar vita a coalizioni larghe in grado di competere con la destra per il governo delle città.

Vogliamo farlo a Roma dove la ricandidatura della Raggi, criticata da diversi esponenti 5 Stelle, è un macigno per qualsiasi ipotesi di alleanza. Saranno loro a sciogliere il nodo se viene prima la politica o le ambizioni personali, ma anche per questo è giusto costruire ponti non alzare muri.

Intanto però è necessario uscire dall’immobilismo. C’è una città piegata che il covid ha ulteriormente reso più povera e diseguale, terreno fertile per l’avanzata di una destra reazionaria e autoritaria. Per questo servono unità e radicalità per uscire dal declino. Allora il compito che abbiamo di fronte è promuovere una grande alleanza tra forze politiche, sociali, culturali, civiche. Nessuno può farcela da solo. Per realizzarla, la prima, vera innovazione da compiere è sulla qualità del processo politico, nel dare un senso concreto, non retorico, a parole come inclusione, condivisione.

Significa avviare subito un percorso largo di discussione per un progetto di svolta coinvolgendo su un piano di pari dignità soggetti, culture, competenze, esperienze, pratiche; e restituire questo lavoro attraverso le primarie delle idee: incontri, gazebo in cui dare la parola a quel popolo deluso, impaurito, abbandonato senza il quale non si cambia la città, non si sconfigge la destra.

Se tutto si consuma come adesso sul toto nome del sindaco/a pensando che risolva magicamente la costruzione della coalizione e del programma, significa non aver capito nulla dell’attuale contesto e condannarsi alla sconfitta. È bene che il Pd lo capisca rapidamente. E dentro questa grande alleanza far vivere una lista di sinistra aperta, plurale, riconoscibile. Una sinistra Coraggiosa. Una bella sfida.

*Segretario Sinistra Italiana Roma Area Metropolitana