Di recente siamo stati colpiti dalla morte di Lorenzo, che lavorava in fabbrica nell’alternanza scuola-lavoro. Obbligatoria da quindici anni in su in base alla “buona scuola” di renziana memoria (legge n. 17/2015).

Lorenzo quindi era obbligato a lavorare come un dipendente, con tutti gli obblighi relativi, ma senza alcun diritto, né retributivo, né sindacale, né normativo. In teoria un diritto ce l’aveva: proprio quello sulla sicurezza nel posto di lavoro, poiché in base al d.lgs. n. 81/2008 gli studenti sono equiparati ai lavoratori e sono sottoposti al controllo sanitario nei casi previsti dalla legge, anche se tutto è lasciato in mano alle aziende, che in Italia non brillano certo per il rispetto delle norme sulla sicurezza, grazie anche agli insufficienti controlli ispettivi.

E quindi lecito l’interrogativo sull’effettività della garanzia e del rispetto delle norme di sicurezza, tanto più con riguardo a giovani in età scolastica inesperti e non ancora pienamente maturati, coattivamente trapiantati in un ambiente di soggezione e di pericolo, tra adulti, che, senza distinzioni di età, di genere, di nazionalità, possono essere esposti a sfruttamento anche disumano.

Proprio l’anticipazione della meglio gioventù nella condizione di sfruttati rende necessario soffermarci sul concetto di sfruttamento, che si verifica quando il datore di lavoro approfitta dello stato di inferiorità della parte debole del rapporto in termini di retribuzione, orario, ambiente, controllo, durata, risoluzione. D’altro canto l’anticipazione dell’ammaestramento e dell’impiego di sfruttati da allevamento nella struttura scuola-fabbrica è risorsa preziosa nel rilancio dell’economia. Di qui la violenza della polizia contro la protesta degli studenti contro l’obbligo ad essere esposti alle regole dello sfruttamento.

È bene quindi informare che lo sfruttamento è punito severamente dal codice penale, non solo nelle ipotesi più gravi di riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù (art. 600 c.p.), ma anche nei casi più lievi nei quali vi sia comunque l’approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore (art. 603 bis c.p.), che si trova in “posizione di vulnerabilità”, definita dalla direttiva 2011/36/Ue del Parlamento europeo, all’art. 2, par. 2, come «una situazione in cui la persona… non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima».

L’approfittamento si consuma soprattutto in osservanza della strategia del profitto, che porta a tagliare sui costi del lavoro e della sicurezza e a privilegiare gli investimenti nelle materie.

La violazione di queste norme non è certo episodica ed è stata favorita dalla progressiva riduzione delle norme di tutela dei lavoratori, soprattutto in materia di durata del rapporto e licenziamenti, in nome del mito del liberismo, che ha reso sostanzialmente precari tutti i lavoratori, non più in grado di reagire e pretendere l’applicazione dei loro diritti.

In attesa di nuove maggioranze parlamentari e del ripristino di una riformatrice conflittualità sociale, può sembrare realistico proporre un percorso di studio e di informazione sulla tipizzazione delle azioni di sfruttamento. Ricordiamo quindi che, in base all’art. 603 bis c.p. si ha sfruttamento in caso di “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato…reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie…sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro…sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”.

In questa situazione di eterna emergenza di criminalità economica, nasce l’esigenza di divulgare in linguaggio corrente le tipizzazioni dello sfruttamento e le concrete esperienze, quale strumento di autodifesa. Con l’efficace assistenza del sindacato e delle garantismo civile e penale, si può iniziare la diffusione del sapere sulla consumazione di questo delitto, sui dolorosi segnali trasgressivi e sulla reale punizione dei trasgressori. Così forse il bracciante agricolo senza contratto, il dipendente a tempo determinato ma ad orario illimitato, l’edile e il metalmeccanico ad alto rischio ma a basso salario, lo studente costretto ad esordire nel mondo degli sfruttati e tutte le innumerevoli vittime della fantasia padronale potranno reagire, rifiutando il ruolo di sfruttati o schiavi.