Per trent’anni La Bussola ha rivoluzionato lo spettacolo dal vivo italiano e al contempo è stata la culla del jet set nazionale e internazionale. Non nascondendo mai, ma facendone anche punto di forza, la sua estrazione provinciale. Oltre a Sanremo, la musica pop nasce in Versilia, località Le Focette, sul lungomare di Marina di Pietrasanta, lì un impresario lungimirante e visionario rileva un locale fino a quel momento anonimo, e lo trasforma fino a farlo diventare il crocevia di tutte le star della canzone – e non solo – tra i sessanta e i settanta. A Sergio Bernardini, nato nel 1925 a Parigi figlio di emigrati italiani, il regista Andrea Soldani ha dedicato La Bussola – Il collezionista di stelle, un documentario passato alla Festa di Roma e poi in sala, che oggi viene trasmesso in prima serata (ore 21.30) su Rai3. «Quando nel 1995 Gianni Minà e Mario Bernardini – spiega il regista – mi chiamarono per fare la regia televisiva della prima edizione del premio dedicato a Sergio Bernardini, mi si aprì inaspettatamente la porta della macchina del tempo. Ero sul pratino de La Bussola dove il pomeriggio si giocava a carte, insieme ai miei genitori. Poi sgattaiolavo dentro quel locale pieno di luci e di suoni a vedere le prove di Mina, Celentano, Aznavour…».

Una giovane Mina a La Bussola

NOVANTA MINUTI fitti di testimonianze – e purtroppo poco di musica, i soliti diritti editoriali – da Aragozzini a Ghezzi, Capanna, Maldini, Vanoni, Paoli – in un racconto che si fa storia di costume e anche politica. La voce di Mario Bernardini – il figlio dell’impresario – è il fil rouge che tiene insieme lo sguardo privato e pubblico. Il primo concerto organizzato alla Bussola è con Renato Carosone, serviva una scossa per movimentare il locale: «Fece pressione sulla moglie, le mandava rose tutti i giorni. E andava a vedere i concerti di Carosone a Milano per una settimana. L’ultima sera lo invitò a bere e lo convinse a seguirlo in Versilia per vedere il locale».
E Carosone cade «nella rete», anche per un cachet da favola: 190 mila lire contro le 60 mila che gli artisti affermati percepivano all’epoca. Una rivoluzione. Il segreto di Bernardini è quello non solo di inseguire gli artisti, ma carpirne la fiducia. Solo con Mina non intuisce subito il potenziale, ma rivedendola a Roma dove si esibiva con lo pseudonimo di Baby Gate fa pubblica ammenda dell’errore. Diverranno amici per tutta la vita e alla Bussola, la tigre terrà anche l’ultima serie di live nel 1978.

IN VERSILIA arrivano Louis Armstrong, Dionne Warwick eAretha Franklin. Lunghi i viaggi per portare le star in Italia, «Papà era un visionario, non inseguiva il guadagno ma l’idea di portare alla Bussola le più grandi star. Si definiva un artigiano dello spettacolo». Il sogno è Sinatra, lo convince offrendogli una cifra assurda pur di averlo in Versilia, ma il concerto salta all’ultimo per un capriccio di ol blue eyes Ai tavolini della Bussola siedono artisti, teatranti, le stelle dello sport, i politici: è il centro dell’Italia del boom. Ma diventa nel ’68 anche bersaglio delle proteste. Bernardini si mette in prima linea, parla con i contestatori, ci scappa anche un ferito. A metà anni settanta capisce che è ora di cambiare, arrivano le star della disco e i 1200 posti della Bussola non bastano. Serve un’idea: un grande tendone – proprio Togni lo costruirà – ribattezzato Bussoladomani capace di ospitare seimila persone. Passarono tutti da lì, perfino De Andrè che fece il suo esordio live convinto proprio da Bernardini. E poi Donna Summer, Barry White perfino Marlene Dietrich. Le luci si spengono, nel 1984: durante una diretta del programma tv di Gianni Minà e Stella Pende, Blitz, Leopoldo Mastelloni bestemmiò. Blitz fu chiuso. La Bussola ne subì le conseguenze. Bernardini morirà in un incidente stradale nel 1993. Come già, molti anni prima, il suo amico Fred Buscaglione.