Un fondo d’investimento che punta su donne, giovani imprenditori alla ricerca dell’investitore dei sogni e sugli afromericani. Serena Williams non è solo la tennista più forte dell’ultimo ventennio (24 titoli del Grand Slam, a un passo dal superare il primato condiviso con Margaret Court, a partire dal prossimo Roland Garros, sulla terra rossa francese), il simbolo di chi ce l’ha fatta, che è arrivata in vetta dopo essere uscita da un ghetto di Los Angeles, ma anche uno dei riferimenti per la tutela delle minoranze negli Stati uniti. E dopo progetti e anche posizioni pubbliche assunte per la difesa delle mamme lavoratrici anche nel tennis, ha fatto sapere, attraverso il suo profilo Instagram, che da cinque anni esiste un fondo d’investimento, un venture capital, che porta il suo nome, Serena Ventures.

UN PROGETTO che investe capitali (non pochi…) su iniziative imprenditoriali in diversi settori di donne, neri e giovani statunitensi che non hanno la possibilità di accedere a finanziamenti per mettere in pratica le proprie idee. Un’iniziativa che punta sulla creatività, sul processo di crescita individuale e che ha finora portato dividendi – lo ha spiegato la stessa tennista – con fondi piazzati su oltre 30 attività, con un valore stimato sul mercato di circa 12 miliardi di euro. E tra queste aziende ci sono anche Billie – marchio di rasoi esclusivamente dedicato al mondo (e la body-confidence) femminile – e Cheerz, che permette di stampare fotografie su supporti di ogni tipo.

MA NON È IL SOLO progetto «imprenditoriale» della più piccola delle sorelle Williams nella finanza. Gli investimenti di Serena negli anni hanno toccato food, salute e benessere, e-commerce e la moda, con una linea griffata personalmente, chiamata Serena. Mentre nel suo portfolio ci sono aziende con focus sulle donne, come la startup del coworking Wing, fino al servizio di abbonamento per la consegna di alimenti biologici personalizzati, Little Spoon. E c’è anche la scommessa su una startup che opera nel microcosmo delle criptovalute, moneta digitale. Dunque, Serena anche nel 2019 fa sentire la sua voce fuori da un campo di tennis, dopo un 2018 passato al fianco di #MeToo e #TimesUp e il caso della tutina nera aderente, in stile Black Panther, indossata al Roland Garros e soprattutto la sfuriata, con accuse di sessismo, all’arbitro portoghese Carlos Ramos durante la finale dello US Open persa con la giapponese Naomi Osaka.