Si è liberata una grande, creativa energia sonora alla Casa del Jazz. Coordinati e ispirati dal genio proteiforme di Médéric Collignon (tromba, tastiera, electronics, voce, composizione, arrangiamento), quattro giovani jazzisti italiani hanno presentato il frutto appetitoso della loro “residenza d’artista”. Si è conclusa così, in modo emblematico, la XXI edizione della rassegna franco-italiana Una Striscia di TERRA feconda, diretta dai creatori Paolo Damiani ed Armand Meignan, sostenuta da vari sponsor istituzionali (dalla Siae all’ambasciata francese). Quest’anno si è articolata in cinque serate tra Parco della Musica e Casa del Jazz, struttura che dal gennaio ‘18 fa parte della Fondazione Musica per Roma dopo anni di “dipendenza” da PalaExpo.

Lo spazio per i giovani è stato, peraltro, rivendicato in maniera non retorica dal contrabbassista Ferruccio Spinetti alla fine dell’intenso, intrigante concerto in duo con Petra Magoni (Musica Nuda si chiama l’anomala formazione, attiva da quindici anni) del 21 settembre (teatro-studio Borgna, Parco della Musica). Spinetti ha sottolineato come l’Italia sia piena di talenti musicali che stentano a trovar spazio ed occasioni, nonostante le notevoli capacità. Ci vuole un’inversione di tendenza ed è quella per cui si sta battendo l’associazione MIDJ (riunisce i musicisti di jazz italiani) che è intervenuta alla Casa del Jazz con il suo attuale presidente – il pianista Simone Graziano – e con la prima leader di MIDJ, la combattiva vocalist Ada Montellanico. Dalla collaborazione tra l’associazione, il festival ed altre strutture culturali ed istituzionali è nata tre anni fa l’idea della “residenza d’artista” che ha visto nel 2018 selezionati e protagonisti la vocalist Camilla Battaglia, la pianista Perla Cozzone, il chitarrista Andrea Molinari e la contrabbassista Rosa Brunello. Loro e dell’esuberante Collignon le musiche proposte, contrassegnate da uso dell’elettronica, frequenti cambi ritmici e timbrici, presenza strutturante dell’improvvisazione, impiego della parola “poetica” in una miscela di elementi jazzistici (e non) di grande fascino e sostanza. L’auditorium della Casa del Jazz era gremito e – nonostante il caldo asfissiante, dovuto alla rottura dell’impianto di condizionamento – gran parte del pubblico ha resistito fino alla fine del lungo e articolato set.

A far da “ponte” tra le serate del 21 e 22 la figura autorevole del pianista francese François Couturier, in trio ed in solo. Al teatro-studio Borgna si è esibito in un avventuroso (ed inedito) trio con il contrabbassista Jean-Paul Céléa ed il batterista-percussionista Michele Rabbia (da poco trasferitosi a Parigi). Squarci melodici e molta sperimentazione tra musicisti in grado di ascoltarsi e reagire in modo ispirato e calibrato, con accenti ora contemporanei ora folclorici ed un’attenzione particolare alla “materia sonora”.

Couturier ha aperto, in solo, la serata alla Casa del Jazz, mettendo in luce il suo lato più melodico, a tratti cantabile, con uno stile ed un tocco pianistico a volte austero ed altre più effusivo. Un maestro riconosciuto anche a livello discografico, con una lunga collaborazione con l’etichetta Ecm. Dopo di lui la “crèation” di Collignon, Battaglia, Cozzone, Molinari e Brunello, a riprova che la striscia di terra tra jazz italiano e francese è ancora, nonostante i tempi, feconda.