In Guatemala, tre giudici disobbediscono alla Corte costituzionale. Jazmin Barrios, Patricia Bustamante e Pablo Xitumul, membri del tribunale che, il 10 maggio scorso, ha condannato a 80 anni di carcere per genocidio l’ex dittatore José Efraín Ríos Montt, hanno fatto sapere che non accetteranno di rifare il processo come vorrebbe la più alta istanza giuridica del paese.

Il 20 maggio, la Corte de Constitucionalidad (Cc) ha infatti annullato la sentenza e ordinato ai giudici di riprendere il processo dal 19 aprile, quando un avvocato della difesa aveva accusato il tribunale di parzialità ed era stato espulso dall’aula per un breve tempo. Secondo la Cc, allora Montt si era ritrovato senza assistenza legale e per questo il procedimento deve riprendere da quel punto.

I tre magistrati hanno però dichiarato che «si scusano» ma non se la sentono di rifare un processo per cui hanno già emesso una sentenza di colpevolezza. E ora si dovranno trovare altri giudici che riportino indietro quella che era stata considerata una sentenza storica, la prima condanna per genocidio contro un ex dittatore latinoamericano ancora in vita.

L’ex generale Ríos Montt – ex pastore evangelico che oggi ha 86 anni -, venne riconosciuto colpevole di genocidio e crimini di lesa umanità per la morte di 1.771 indigeni ixil nel dipartimento nordoccidentale del Quiché: massacri commessi dall’esercito tra il 1982 e l’83, quando Montt fu presidente di fatto del Guatemala, dopo essere andato al potere con un colpo di stato. Nello stesso processo è stato giudicato l’ex direttore dell’intelligence militare, il generale in pensione José Rodríguez, assolto. Sentenza nulla anche la sua. Sull’ex dittatore Montt incombe anche un altro processo, quello per il massacro di Dos Erres, commesso nella regione del Petén nel 1982. Atrocità che hanno caratterizzato i 36 anni di guerra civile, conclusi dagli accordi di pace del ’96 dopo essersi lasciati dietro una lunga scia di morti, scomparsi e rifugiati: circa 250.000 vittime, secondo l’Onu, in maggioranza indigeni, accusati di appoggiare la guerriglia di sinistra. Il 93% dei crimini furono commessi da militari e paramilitari, impiegati nella «guerra sporca» contro il comunismo.

Oltre 70 organizzazioni per i diritti umani e vittime sopravvissute al genocidio hanno manifestato contro la decisione della Corte costituzionale, denunciando «il patto tra oligarchia e militari» per mantenere l’impunità. Nel corso del processo a Montt, un testimone aveva direttamente chiamato in causa anche l’attuale presidente del Guatemala, Otto Pérez Molina detto «Manodura», un altro ex generale attivo durante la guerra civile: che in molti vorrebbero vedere alla sbarra a rispondere di analoghe atrocità.