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«Senatori gratis», è già campagna per il referendum

«Senatori gratis», è già campagna per il referendumMatteo Renzi

Riforme costituzionali Renzi dal Giappone: discutiamo ma a condizione che non si rimetta in discussione che non avranno più lo stipendio

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 4 agosto 2015

Parlando di Vietnam dal Giappone, Matteo Renzi ha utilizzato ancora la riforma costituzionale per attaccare la minoranza del Pd. E ha recuperato l’argomento di propaganda con il quale aveva lanciato, un anno e mezzo fa, la sua idea di «superamento» del bicameralismo. «Discutiamo – ha detto – ma a condizione che non si rimetta in discussione che i senatori non avranno più lo stipendio». Nessun emendamento annunciato al senato propone di recuperare lo stipendio per i senatori, che secondo il disegno di legge governativo saranno pagati in quanto consiglieri regionali o sindaci e avranno in parlamento solo un dopolavoro.

Dunque Renzi non ha posto come condizione insuperabile il mantenimento del senato non elettivo, che invece la minoranza Pd vuole cambiare (e ha raccolto per questo 25 firme). Eppure parlare di stipendio è come parlare di elezione, perché è difficile immaginare senatori eletti direttamente dal popolo come i deputati, ma senza lo stipendio dei deputati. L’uscita giapponese di Renzi è un indizio che il presidente del Consiglio intende difendere la trincea dei senatori «cooptati» ma ha bisogno di un argomento più facilmente utilizzabile durante la campagna referendaria. Spiegare agli elettori che è giusto privarli del potere di voto è senz’altro più difficile che convincerli che bisogna tagliare i costi della politica. Anche se la ragioneria generale ha fatto i conti e ha scoperto che l’abolizione degli stipendi senatoriali farà risparmiare 49 milioni e non il miliardo annunciato da Renzi.

Per tentare di recuperare l’elezione diretta dei senatori bisogna che la commissione affari costituzionali ammetta emendamenti all’articolo 2 del disegno di legge costituzionale, quello che riscrive l’articolo 57 della Costituzione. Il governo spererebbe di no, avendo dalla sua il regolamento del senato che esclude la riapertura di articoli già votati in un testo conforme da camera e senato. Ma il presidente del senato Grasso, al quale spetta la decisione finale, ha aperto a questa possibilità, facendo leva su un difetto dell’attuale testo evidenziato nella sua relazione proprio dalla presidente della prima commissione Finocchiaro (in pratica i sindaci rischiano di restare senatori anche dopo aver perduto la poltrona di primi cittadini). Una volta aperta la porta dell’articolo 2 sarà difficile non far passare gli emendamenti che saranno sicuramente presentati da opposizioni e minoranza Pd per ritornare al senato elettivo. Né è immaginabile che possa essere la presidente Finocchiaro a sbarrare la strada a questi emendamenti, giudicandoli non ammissibili indipendentemente da quello che intende fare Grasso, perché anche gli emendamenti non ammessi in commissione sono proponibili in aula e dunque come sempre in questi casi Finocchiaro dovrà chiedere un’indicazione al presidente del senato.
In pratica cercheranno un’intesa, ma prima di loro dovrà cercarla la ministra Boschi con la minoranza Pd e non è detto che la riforma venga migliorata. Anche perché nelle audizioni i costituzionalisti hanno evidenziato – un po’ a vuoto – tanti altri problemi del disegno di legge costituzionale che meriterebbero la stessa attenzione dedicata alla composizione del senato. Una seconda camera senza poteri effettivi ma con la possibilità di complicare il procedimento legislativo è un rischio comunque, che sia composta o meno da senatori eletti. Ma di tutto questo si riparlerà a settembre.

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