La soluzione ci sarebbe: far saltare tutto. Come suggerisce al capo il renziano vicepresidente della camera Giachetti. Meglio andare a votare per le politiche sull’onda di un buon risultato alle europee. Dissotterrando l’antiberlusconismo, già seppellito nel nome del patto sulle riforme con l’ex cavaliere. Perché adesso è Berlusconi a sabotare il cronometro di Renzi, non gli «indietristi» e «frenatori» della minoranza Pd, che hanno solo messo il frettoloso presidente del Consiglio davanti alla realtà del senato. Dove la proposta di una camera alta non elettiva e infarcita di sindaci non ha i numeri per passare. Né in commissione né in aula. Poteva riuscirci solo nel nome di un interesse superiore, cioè non nuocere alla campagna del Pd in vista del 25 maggio. Ma solo con il consenso di Berlusconi. Che non c’è più e travolge anche la riforma elettorale. L’Italicum, quel trionfo della distorsione maggioritaria già bocciata dalla Corte costituzionale ma abbracciata dalla coppia Renzi-Berlusconi all’epoca della «profonda sintonia». Al cavaliere, terzo partito, non conviene più. Si è perfino consultato con «importanti costituzionalisti» che gli avrebbero spiegato come la legge elettorale studiata da Verdini «in un sistema monocamerale non è costituzionale». Berlusconi se n’è accorto adesso, che Grillo l’ha sorpassato nei sondaggi. «È un dubbio che non avevamo avuto».

La corsa di Renzi è dunque all’indietro. Non riuscirà a chiudere la legge elettorale entro l’estate, non riuscirà a far approvare la riforma costituzionale entro il 25 maggio, anzi sarà dura anche venir fuori dalla commissione. Dove i lavori istruttori si sono conclusi ieri, con una non essenziale audizione dei sindacati che aveva lo scopo di rimandare a tempi meno delicati l’ascolto dei costituzionalisti inclini a demolire il Renzi-Boschi. Mercoledì la presidente Finocchiaro deve presentare il suo testo base, smontare quello del governo equivarrebbe ad aprire la crisi. Nessuno dimentica che il premier ha legato il suo destino politico a quel progetto, estrema forma di pressione sulle camere. Ma la quasi totalità delle proposte alternative a quella del governo e così gli interventi, anche di maggioranza (Ncd), ha spinto per la via elettiva al senato. I sottoscrittori della proposta Chiti, malgrado le pressioni, resistono, sfilando almeno un voto in commissione al governo (Mineo). Il relatore di minoranza Calderoli presenterà un testo dove l’elezione dei senatori resta in capo ai cittadini, legata però al rinnovo dei consigli regionali. L’uovo di Colombo, non fosse che Renzi prima che con Berlusconi il patto l’ha stretto con i comuni (nella prima versione il suo senato era di 108 sindaci). Non per niente le Regioni continuano a subissare di critiche il testo governativo, il presidente Errani si ferma sulla soglia dell’incidente con Renzi: conferma l’appoggio al senato non elettivo, ma ne smonta composizione e funzioni. Sul testo base in commissione si voterà. Un richiamo alla disciplina di maggioranza non serve: senza Forza Italia il governo va sotto di sicuro. Se Berlusconi in cinque giorni fa una controcapriola, Finocchiaro (ieri a colloquio al Quirinale) può tentare la prova di forza. Ma basterebbero due dissidenti tra i forzisti o tra i centristi per andare a sbattere. Dalla sconfitta Renzi guadagnerebbe però argomenti per questa campagna elettorale. E magari la prossima.